Se il calcio inglese degli anni Ottanta avesse un volto, sarebbe quello di Vinnie Jones: brutto, sporco e cattivo. Ma anche emblematico del momento storico del football, dentro e fuori dal campo, e non solo Oltremanica. In effetti, si picchiava un po’ dappertutto. In Spagna, un’entrata killer del difensore bilbaino Andoni Goikoetxea per poco non mette fine anzitempo alla carriera di Diego Armando Maradona. In Italia, sono gli anni di Pasquale Bruno, detto “O’ Animale”, recordman di cartellini, risse fatte e sfiorate e provocazioni.
In Inghilterra, sono gli anni di Margaret Thatcher, della deregulation e delle liberalizzazioni, delle feroci lotte sindacali e di una trasformazione profonda del tessuto sociale ed economico del Paese. Che porta con sé tensioni e violenza, anche nel calcio: le tragedie dell’Heysel nel 1985 e di Sheffield nel 1989 non sono un caso. Il fenomeno degli Hooligans diventa presto emergenza sociale, che la Thatcher affronterà con il pugno di ferro.
Il cambiamento, agli inizi degli anni Novanta (1992), porterà alla nascita della Premier League, sostenuta dai finanziamenti delle tv satellitari. Gli stadi si rinnovano e tornano a riempirsi, il calcio torna ad essere uno sport e non un campo di guerra. Ed è proprio in questo periodo, a cavallo tra i due decenni, che Vinnie Jones imperversa. Facendo la storia con la maglia del Wimbledon, a capo della Crazy Gang capace di vincere la FA Cup del 1988 contro il Liverpool.
Un soprannome che non ha bisogno di grandi spiegazioni: il Wimbledon dell’epoca era una squadra di picchiatori sistematici. E Vinnie Jones era il cattivo per eccellenza. Detiene ancora oggi il record per l’espulsione più veloce della storia. Nel 1992, in maglia Chelsea, contro lo Sheffield United gli bastarono 3 secondi: il tempo di un’entrataccia sull’incolpevole Dane Whitehouse. In tutto, sono 12 le espulsioni rimediate in carriera.
Ma non finisce certo qui. Con un suo intervento – ovviamente durissimo – ha interrotto la carriera di Gary Stevens del Tottenham. E poi ha consegnato alla storia una delle foto più emblematiche, e divertenti, dell’epoca, in cui strizza i genitali di un incredulo Paul Gascoigne. Infine, un suo video, “Uomini duri del calcio”, in cui spiega come picchiare in campo senza dare nell’occhio, scatena le ire della Football Association, che lo squalifica per 6 mesi.
Questa, però, è una rubrica in cui si parla di cinema. Anzi, di cinema e calcio.
Vinnie Jones, con quella faccia da duro, appese le scarpette al chiodo e fallito nel tentativo di fare l’allenatore, attira l’attenzione di un giovane regista inglese, Guy Ritchie. Classe 1968, alle prime armi e senza alcun lavoro rilevante alle spalle, esordisce al cinema nel 1998 con “Lock, Stock and Two Smoking Barrels”.
Il film è un thriller sui generis: Bacon, Tom, Soap ed Eddie sono un gruppo di amici dell’East End londinese che pianificano il modo per arricchirsi in fretta, con il poker. Ma andrà male, e finiranno in una spirale di debiti, rapine, ricatti e violenza. Sulla trama, non vi diciamo di più, ma la regia, la fotografia ed il ritmo sono di assoluto livello. Così come la credibilità degli attori, due dei quali alle primissime armi.
Sono l’ex tuffatore Jason Statham ed il “nostro” Vinnie Jones, scelto da Ritchie per la parte di Big Chris, che interpreta il cattivissimo esattore del di Harry “l’accetta”, il boss della malavita locale con cui si sono indebitati Bacon, Tom, Soap ed Eddie. Un’interpretazione assolutamente credibile: in fin dei conti, non fa nulla di diverso da ciò che faceva in campo, terrorizzare la gente. E lo fa bene, decisamente bene.
È l’inizio di una seconda vita e di una carriera che, sin qui, l’ha visto recitare, seppur con ruoli di secondo piano, in decine di film. Da “Gone in Sixty Seconds” a “X Men – Conflitto finale”, con comparse in serie Tv come “Elementary”, “The Musketeers” e “Deception”. Ormai, la vita da attore sta eclissando lentamente quella da calciatore, e chissà che se oggi i giovani fan inglese sappiano chi è stato, in campo, Vinnie Jones…