Serie A

Venezia, Zanetti: “Calcio? Una passione immensa e penso di non saperne mai abbastanza”

Paolo Zanetti, allenatore del Venezia, si è raccontato in una lunga intervista al “Corriere della Sera”.

L’intervista del tecnico dei lagunari è iniziata parlando proprio della sua passione per il calcio e risponde così quando gli viene chiesto se sia vero che parli 24 ore su 24 di calcio.

“Purtroppo confermo. È una passione immensa e penso di non saperne mai abbastanza. Guardo partite di tutte le categorie e cerco di capire le sfaccettature degli altri allenatori”.

Prosegue poi parlando dei suoi modelli di riferimento.

“Mourinho a livello comunicativo ha fatto scuola, Guardiola ha cambiato il calcio a livello tecnico-tattico. Allegri a livello tattico è stato straordinario, di Conte guardo la mentalità oltre alla tattica, di Gasperini l’intensità e la capacità di innovare. Tutti hanno qualcosa da insegnare. Poi cerco di mantenere la mia identità per sbagliare con la mia testa”.

Zanetti ha poi parlato del conciliare la vita privata con il suo immergersi così tanto nel lavoro.

“La prima litigata post partita è sempre con la mia compagna, che mi critica per una sostituzione o per una scelta. È la mia fortuna, perché è paziente e appassionatissima: ha visto migliaia di partite e penso che ne capisca più di tanti altri che credono di capirne. Abbiamo una bimba meravigliosa, che mi fa passare tutti i pensieri”.

Sull’argomento della sua tesi a Coverciano.

“Sulla dinamicità del concetto di gioco, ovvero impostare in un modo e difendere in un altro: l’elasticità nella strategia della gara è importante perché studiando l’avversario si possono trovare spazi diversi per essere imprevedibili”.

Sul fatto che nessuno gli abbia regalato nulla ne da calciatore ne da allenatore, parla così.

“Per dare un segnale di umiltà ma anche di caparbietà ai giocatori. Sono partito dalla parrocchia del Ponte dei Nori a Valdagno in provincia di Vicenza, ho giocato in A senza avere doti tecniche incredibili ma con una grande mentalità. 

Da allenatore ho cominciato dall’Under 20 della Raggiana e in 5 anni ho scalato le categorie, fra gioie e delusioni, come l’esonero ad Ascoli. Fa bene ricordarsi da dove si è partiti, per avere slancio e fiducia nel futuro”.

Alla domanda sul fatto che chi parta dal basso possa avere più empatia nel costruire un gruppo che deve salvarsi, risponde così.

“Non lo so. Ma se non c’è coesione e non si crede in quello che si fa si possono avere grandi idee ma difficilmente si ottengono risultati”.

Sul creare una squadra credibile in un gruppo così eterogeneo.

“Ho dovuto fare una full immersion di inglese perché abbiamo 15 nazionalità diverse. Poi il gruppo italiano mi ha dato una grossa mano per velocizzare l’inserimento degli stranieri. Dopo le prime difficoltà ora siamo una squadra, che può vincere o perdere ma si aiuta e sa soffrire”.

E sul ricorso agli algoritmi per cercare giocatori.

“Gli algoritmi ci aiutato a individuarli ma poi andiamo a vederli, facciamo fino a cinque incontri. Cerchiamo di capire con chi abbiamo a che fare e fino adesso ci è andata molto bene”.

Sulla domanda se il segreto sia la sintesi tra l’anima globale delle proprietà Usa e quella veneziana risponde così.

“Dirigenti come Poggi e Collauto, come tutti quelli che portano dentro la venezianità, sono fondamentali. Dietro a tutto c’è il presidente Niederauer, che ama il rapporto umano, vuole conoscere chi lavora per lui e nelle difficoltà infonde tranquillità, cercando di uscire tutti assieme”.

Su come ha ritrovato la Serie A.

“Non è quella che ho lasciato da calciatore: c’erano i campioni del mondo, il livello era un po’ più alto. Comunque è molto difficile e c’è un abisso rispetto alla B: i singoli possono cambiare la partita in un attimo”.

Zanetti ha poi parlato del fatto che sia giovane ma che in Germania Negelsmann a 34 anni allena il Bayern.

“Per gli allenatori parlano i risultati e anche la proposta calcistica, non la carta d’identità. Negelsmann è giovanissimo ma guida la squadra più forte del mondo con carisma, carattere e proposta. Credo che si vada verso un calcio globale e si debba guardare anche oltre i propri confini, come ha fatto De Zerbi andando allo Shakhatar”.

All’allenatore è stato chiesto poi chi l’abbia ispirato quando giocava.

“Ho avuto ben 27 allenatori e mi hanno influenzato tutti: quelli bravi, quelli meno bravi o quelli bravi in alcune cose. Brutte persone o belle persone. Mi sono sempre segnato tutti gli allenamenti ma mi sono anche ripromesso di essere me stesso, con le mie idee e la mia identità”.

Su come si pone verso il talento.

“Lo metto al primo posto, non posso farne a meno per la mia idea di calcio. Sono innamorato dZaei giocatori che in campo mettono qualcosa di magico. Busio, Kiynie, Aramu, Vacca hanno talento puro e sono il fulcro della nostra squadra”.

Zanetti ha poi concluso la sua intervista parlando del suo sogno da allenatore.

“Vivo alla giornata, ma è giusto inseguire i propri sogni. E adesso il sogno è salvarsi”.

Share
Published by
Francesca Galbiati