Tra Rashford e Zaniolo, il senso della popolarità
Chi non ha mai sognato di diventare un calciatore, ricco e famoso (ovviamente), alzi la mano. Ecco, come immaginavo, nessuno. Ognuno di noi, da bambino, ha vestito i panni del suo idolo giocando a calcio con gli amici. Anzi, c’è chi, a trent’anni compiuti da un po’, continua a farlo. Accompagnando goffi gesti atletici con la telecronaca in presa diretta di Sandro Ciotti e Bruno Pizzul. E parlando di sé, in terza persona, come di Maradona, Baggio, Zola, Signori, Totti…
Ammettiamolo, il più banale dei sogni, da bambini ci sembrava anche il più realizzabile, e se a dieci anni la massima aspirazione era una serpentina, a quindici non disprezzavamo neanche l’ipotetica popolarità. Anzi, fare i conti in tasca ai nostri eroi era attività assai comune. Così come invidiare le fidanzate che riempivano, e riempiono ancora, le pagine dei rotocalchi di gossip. La vita dei calciatori, del resto, è così da decenni. La popolarità, quando si è giovani, bravi e ricchi, è il prezzo da pagare. Ammesso che di prezzo si voglia parlare.
In fin dei conti, non è un obolo così pesante, e non tutti sono destinati a pagarlo. Dai riflettori, infatti, si può fuggire, o venire investiti. Ognuno decide che peso dare alla propria sfera privata, accettando però di pagarne le conseguenze. Un grande campione di un passato non troppo lontano, Alessandro Del Piero, non è praticamente mai finito al centro di scandali e gossip. Che faccia una vita noiosissima? Probabile. Di certo, la mondanità non è mai stata il suo pezzo forte, questione di gusti. Al contrario, per restare agganciati ad una generazione investita dai social network solo a fine carriera, Francesco Totti di copertine ne ha guadagnate a centinaia. Senza dare scandalo, ma vivendo comunque appieno, e senza grosse difficoltà, il peso mediatico del proprio personaggio.
Poi, c’è chi vive perennemente sopra le righe, finendo nel tritacarne scandalistico e giornalistico. Un esempio su tutti: Paul Gascoigne. Uno dei giocatori più divertenti e fantasiosi che l’Inghilterra abbia mai ammirato, ma anche un concentrato micidiale di spontaneità e follia. Più o meno lucida. E, ovviamente, eccessi, dentro e fuori dal campo, che ne hanno fatto un personaggio amato e criticato allo stesso tempo. Stigmatizzato e poi emarginato, per tanti lunghi anni. Chissà se la popolarità, in questo senso, sia stata un accelerante oppure no.
Oggi, le cose sono diventate un po’ più difficili. Con l’avvento dei social network separare la sfera privata da quella pubblica diventa operazione praticamente impossibile. Resta, però, il libero arbitrio. La libertà, cioè, di fare della popolarità acquisita, ciò che si vuole. A costo, però, di pagarne – eventualmente – le conseguenze mediatiche. Nulla di male, nel condividere con milioni di follower le proprie vicende amorose, come ha deciso di fare, da anni, Nicolò Zaniolo. Però, al netto di commenti beceri, stupidi, offensivi, volgari e fuori luogo, il tritacarne mediatico diventa assolutamente prevedibile. È Zaniolo ad aver deciso di rendere pubblica la propria vita amorosa. Ovvio, allora, che se ne parli. Almeno sui social e sui settimanali di gossip. Meno sui quotidiani sportivi, perché francamente le love story, passate e presenti, dei calciatori, sono davvero poco interessanti.
Questione, appunto, di libero arbitrio. Lo stesso usato da Marcus Rashford. Di cui scriviamo spesso, perché è stato forse la cosa più bella del 2020. Un calciatore giovane, fortissimo, ricco, famoso. Che, invece di postare selfie e video imbarazzanti in spiaggia “acchappalike”, ha deciso di impegnarsi in una battaglia decisamente più importante. Quella per garantire l’accesso alla mensa scolastica a tutti i ragazzi inglesi. A partire, ovviamente, da quelli delle periferie e delle famiglia colpite dalla crisi economica. Una battaglia rivelatasi un successo di partecipazione e coinvolgimento. Merito della popolarità di Rashford. Che, di per sé, non è un attributo né positivo né negativo. Dipende da come la si usa. E se per qualcuno può rivelarsi un peso insopportabile, per qualcun altro diventa un mezzo straordinario per fare del bene.