Totti: “Avrei voluto Buffon, Cannavaro e Thuram nella Roma. Ho mollato per colpa di Spalletti”
“Quando entro in campo, Francesco resta fuori e io divento Totti. Perché Totti ha tutto quello che serve per stare là dentro”.
Lo storico capitano giallorosso ha rilasciato una lunga intervista a Vanity Fair, pochi giorni prima la perdita del suo papà Enzo. Il Pupone è tornato su diversi aspetti della sua lunga carriera come fatto poche volte in passato: “Non sono egocentrico – ha spiegato Totti- Non sono uno a cui piace parlare, che sogna di apparire o che smania per stare davanti alla telecamera come tanti altri. Preferisco fare tre passi indietro, nascondermi, sparire, se è possibile. Perché con me c’era sempre un rischio. A me piace scherzare, essere ironico e sdrammatizzare, ma dietro una battuta c’è spesso la verità. E la verità certe volte era meglio non esprimerla. Dire quello che sapevo, o che pensavo, avrebbe creato problemi. Avrei fatto solo danni: a me stesso e alla società. Preferivo evitare”.
Si parte dal principio, dai sogni del giovane Totti ai primi soldi incassati per il calcio: “Il primo assegno cospicuo lo ricevetti di venerdì ed era troppo tardi per incassarlo in banca. Lo covammo in famiglia, come fosse un uovo, fino al lunedì mattina. La mia ambizione era quella di diventare come Giuseppe Giannini. Lo vedevo come il principe di Roma, il numero 10 per eccellenza. Quando la Roma mi convocò per la prima volta, chiesi di andare in stanza con Giannini e me lo concessero. Per me era un sogno ad occhi aperti: accanto a me dormiva il mio idolo, quello che fino a pochi giorni prima era solo un poster nella mia stanzetta”.
Dalla prima convocazione con la Roma, al primo gol in giallorosso: “Fu un momento di pura follia – ricorda Totti – Avevo preparato per giorni un festeggiamento sotto la Curva Sud, dove tante volte ero stato a tifare, ma segnai sotto la Nord e me ne dimenticai. Correvo soltanto a destra e a sinistra, senza sapere dove andare. In quel momento avrei voluto le ali”.
Nei tantissimi anni alla Roma, Francesco Totti è stato il Re assoluto, il monarca incontrastato dei tifosi giallorossi, una leggenda, ma… “Le voci che dicono che io decidevo chissà cosa nella società sono tutte ca…te. Camminerò sempre a testa alta perché mi sono allenato sul campo e non ho mai detto chiesto niente a nessuno. L’unica cosa che ho chiesto è quella di poter vincere. Avrei voluto nella Roma calciatori forti come Buffon, Thuram e Cannavaro perché non avevo nessuna voglia di fare il bamboccio mentre gli altri festeggiavano. Qual è la colpa? Dov’è?”.
Poi arriva il momento del ritiro: “Sapevo che prima o poi doveva arrivare quel momento, ma ci ho pensato davvero soltanto nell’ultimo anno di carriera – confessa l’idolo romanista – Nell’anno precedente sapevo che non avrebbero voluto rinnovarmi il contratto, ma poi ad ogni partita che subentravo cambiavo la gara. Dopo quella con il Torino, dove entrando a 4 minuti dalla fine ne feci due, me lo rinnovarono a furor di popolo. Mi sarei dovuto ritirare in quella sera perfetta, dopo l’apoteosi, come mi suggerì Ilary e ci pensai anche. Poi dopo una notte insonne decisi di continuare, ma il rapporto con Spalletti purtroppo era già compromesso”.
E a proposito di Spalletti, Totti ha dichiarazioni interessanti anche per lui: “Non metto in discussione la libertà dell’allenatore. E’ lui che decide ed io ho sempre accettato le decisioni dei vari allenatori che ho avuto. Spalletti, però, cercava sempre la provocazione: più mi impegnavo e più lui andava alla ricerca dello scontro, della rottura e del litigio. Quell’ultimo anno fu un incubo. Capii che mi stavano dicendo: “Hai quarant’anni, fatti da parte, hai rotto i cog…ni”. In quelle condizioni era impossibile continuare, così, tra gennaio e febbraio, mollai, per la prima volta in 25 anni di Roma. Se fossi disposto a stringergli la mano ora? Non saprei. Nel calcio si sbaglia. Diciamo che dipende da come mi sveglio quel giorno”.
Infine Totti chiude con il futuro: “Diventare allenatore? Impossibile! Impazzirei – dichiara l’ex capitano giallorosso – Sono uno che vuole sempre il massimo e pensa che certi errori in serie A non si possano fare. Dovrei diventare severo, aspro, antipatico. Se non ci nasci, figlio di mignotta, non ci diventi”.