Theo Hernandez dimostra che i calciatori non sanno usare i social
C’è stato nervosismo in casa Milan dopo la sconfitta patita a San Siro contro il Napoli. Al fischio finale i rossoneri sono usciti dal campo con tre punti persi dall’Inter sempre più capolista e padrona di questa Serie A. A questo si è aggiunto l’episodio arbitrale che ha coinvolto Bakayoko e Theo Hernandez e la decisione dell’arbitro Pasqua, dopo l’on field review, di non concedere il rigore.
Le polemiche naturalmente si sono trascinate per tutto l’immediato post partita. Prima con le dichiarazioni di Pioli ai microfoni di Sky Sport e poi con una storia pubblicata su Instagram dallo stesso Theo Hernandez – immediatamente rimossa – che ritraeva l’arbitro Pasqua “accompagnato” dalle emoticon che vomitano. Un messaggio piuttosto chiaro, che non ha bisogno di particolari spiegazioni.
Quello che stupisce, però, è la totale ineducazione dei calciatori all’uso dei social network. Intendiamoci, al di fuori di ogni ipocrisia, il post partita è un momento delicato e se da atleta che ha dato tutto per 90 minuti senti di aver subìto un torto, che si somma alla sconfitta, è più che normale essere nervosi, sboccati, e irascibili. Certe cose, però, dovrebbero rimanere all’interno di quel luogo sacro – e che dovrebbe essere sempre impenetrabile nei suoi umori e nelle sue voci – che si chiama spogliatoio.
Al giorno d’oggi le società di calcio curano ogni minimo dettaglio. Allenamento, dieta, pubbliche relazioni e, soprattutto, comunicazione. A questo si aggiunga il fatto che i Social Network non sono certo un’invenzione recente. Ormai se ne conoscono limiti e pregi, pericoli e punti di forza. Per questi motivi l’uscita social di Theo Hernandez – che non è la prima e molto probabilmente non sarà l’ultima – è ingiustificabile oltreché sciocca.
I social hanno incredibilmente ridotto le distanze tra calciatori e tifosi, e per questo sono uno strumento da preservare. Le società, però, si prendano la responsabilità di insegnare ai propri tesserati come usarli e, soprattutto, quando non usarli