Alba. Luce. Giorno. Gioia.
Vita.
Oggi, 26 novembre 2020, la vita continua, il calcio continua.
Il mondo dice aD10s a Diego Armando Maradona, piange, chiude gli occhi, abbassa la testa, smette di piangere, riapre gli occhi e rialza lo sguardo. Si va avanti. Anche senza Diego, anche senza chi ha cambiato il mondo stesso ed ha segnato la vita di tutti gli amanti del calcio.
Quando si è stati così grandi in vita, non si muore mai per davvero. Frase fatta, ma vera. Lo Stadio San Paolo di Napoli sarà da subito rinominato in Stadio Diego Maradona, segnale evidente che Lui, Diego, continua a cambiare il mondo anche da lassù. Maradona non è mai stato uomo comune, non ha mai avuto una vita semplice, non ha mai voluto piegarsi alle regole, ad un’esistenza regolare, lineare, normale. Impossibile per uno come Lui. Si è dovuto arrendere alla morte, questo sì, ma la morte dovrà arrendersi di fronte al suo ricordo: Maradona vive negli occhi di qualsiasi appassionato di calcio, di sport, di vita. Maradona vive negli occhi e nella memoria di qualsiasi donna o uomo abbia vissuto quegli anni a cavallo tra gli ’80 ed i ’90 in prima persona o tramite le parole, i ricordi, gli occhi lucidi dei propri padri. Maradona vive sui muri di Napoli, tra i pastori di San Gregorio Armeno, nelle case di qualsiasi tifoso di calcio sotto forma di poster, di foto, di libro, di ricordo.
Maradona non è stato un semplice uomo, non è stato un semplice calciatore. Maradona ha portato la gioia ovunque egli sia stato. Maradona ha trasformato in oro qualsiasi cosa abbia toccato. Napoli ne è la testimonianza.
Napoli non aveva bisogno di pubblicità. Napoli non aveva bisogno di farsi conoscere al mondo, di far scoprire le sue bellezze, la sua arte, i suoi panorami, il suo golfo, i suoi vicoli. Napoli è una città immensa ed immensa è restata anche dopo Diego. Eppure in Napoli qualcosa è cambiato dopo il passaggio di Diego Armando Maradona. La città partenopea si è svestita dai panni dell’eterna incompiuta per rinascere completa.
Prima dell’arrivo di Diego, il Napoli era la cenerentola della Serie A: quella bellissima squadra destinata a servire le grandi, imbrigliata nei panni della seconda, dell’eterna promessa senza mai riuscire a vincere. La parola “scudetto” era innominabile all’ombra del Vesuvio ed i genitori insegnavano ai figli che quel sogno era troppo grande per sperarvici davvero. Troppo forti Juventus, Milan ed Inter, il Napoli era destinato a restare a guardare. Poi arrivò Diego: “Tempo due anni e vinciamo il campionato”, disse El Pibe de Oro a Giuseppe Bruscolotti, capitano degli azzurri nel 1984. Tempo due anni ed il Napoli vinse lo scudetto. Quella parola fino ad allora innominabile divenne non solo parola vera, sentita, detta, ma diventò realtà. Padri e nonni che aspettavano quel momento da tutta una vita, videro concretizzarsi le rivincite contro la sorellastre che da una vita deridevano quella cenerentola azzurra destinata a non vincere mai. Ma il destino si cambia o forse Diego era nel destino del Napoli. E Napoli cambiò, la vita di quei padri e di quei nonni cambiò. Diego stesso cambiò, passando da semplice calciatore e uomo a divinità.
La gioia di Napoli fu così grande che il pensiero andò subito a chi quel giorno lo attendeva da tempo, da tutta una vita, ma che non aveva fatto in tempo a goderselo prima di morire: “Cosa vi siete persi” fu la frase scritta da una mano anonima sul muro del cimitero di Napoli il giorno dopo il primo scudetto partenopeo. O forse no. Forse quella frase non fu mai scritta ed è solo una bella leggenda, così come leggenda è la risposta che venne scritta sotto quella frase sul muro di Fuorigrotta: “E chi te l’ha detto?”. Poesia.
E così nacque una leggenda. Diego ed Armando divennero i nomi dei figli di quell’epoca e quei Diego e quegli Armando oggi si guardano indietro rimpiangendo di non essere nati qualche anno prima: “Che ne sai tu di quando c’era in campo Maradona…”. Aver avuto la possibilità di assistere ad una giocata, una partita, un gol del magico di Diego Armando Maradona è motivo di vanto, è ragione di vita. Elemento di congiunzione tra generazioni, Maradona diventa un racconto che unisce le emozioni di nonni, padri, figli e nipoti.
Leggenda, tanto da diventare parte del gergo popolare, del dialetto napoletano, del parlato comune: “E chi sei? Maradona?”, è quello che si dice a Napoli quando provi a fare una giocata fuori dalla tua portata, quando provi a fare un gesto, un’azione impossibile, irrealizzabile.
Eppure non si tratta di essere tifosi del Napoli o argentini: Maradona è senza tempo, senza luogo, senza fede. Maradona è leggenda. Punto.
Chiunque abbia mai giocato a pallone, ha dovuto sognarlo. Chiunque abbia mai visto una partita di calcio, ha dovuto ascoltare un racconto riguardante Diego. Chiunque sia mai stato in uno stadio, ha dovuto immaginare una sua giocata, un suo gol.
Il pallone è cambiato da quando su questo mondo è arrivato Diego Armando Maradona. Ora quel Diego Armando Maradona ha lasciato questo mondo, ma il pallone, con Lui diventato Calcio, continua a rotolare, a rimbalzare. Certo quel pallone ha perso un suo esagono di cuoio, si è graffiato, ma resiste, continua, vive.
The Show Must Go On, Diego
Alba. Luce. Giorno. Gioia.
Vita.
Oggi, 26 novembre 2020, la vita continua, il calcio continua.