Lunga intervista di Igli Tare per il Corriere dello Sport. L’ex DS è tornato a parlare del suo addio alla Lazio, toccando dei temi cruciali. Le dichiarazioni
E’ finita quest’estate la lunga storia tra Igli Tare e la Lazio, dopo 18 lunghi anni di passione e dedizione. Oggi, l’ex DS biancoceleste è tornato a parlare del suo addio al club capitolino in esclusiva a Il Corriere dello Sport. Dichiarazioni fondamentali quelle del dirigente, che ha svelato dei retroscena clamorosi. Di seguito tutte le dichiarazioni.
La storia con la Lazio: “Lotito è una grande mente, ha una determinazione e una forza di volontà pazzesche. Sono il suo pregio, ma anche il più grande difetto. Io gli sono grato per tutte le cose che mi ha insegnato. Questa lunga storia è il mio orgoglio più grande. Alla Lazio ho dato tutto me stesso, per lei ho addirittura rischiato la vita. Ho avuto grossi problemi di salute, anni fa. I medici mi suggerirono di allontanarmi, di pensare a me stesso e a salvare la pelle. Niente, non sono mai uscito, non ho mai voluto staccare. Per fortuna tutto si è risolto nel migliore dei modi, la società mi è stata molto vicina”.
L’addio: “Scelta mia, di Lotito, cosa importa? Hanno detto che mi aveva mandato via, sono solo bugie. Io ho preso questa decisione e lui l’ha condivisa, gli andava bene di cambiare percorso, interlocutore e fare altro. Un anno fa, a inizio stagione, gli anticipai che a giugno avrei chiuso, che quella appena cominciata sarebbe stata l’ultima. Chiesi solo di uscire con onore, con dignità. Così è stato. Come per un matrimonio che si consuma naturalmente”.
Litigio con Sarri?: “Niente di più falso. Sarri non è mai stato un problema, ma solo una soluzione. Il suo carattere non era una novità. Mi ero informato bene prima di ingaggiarlo, sapevo tanto e volevo che fosse lui ad allenare la Lazio. Prima della penultima partita dello scorso campionato, a Empoli, volle parlarmi. Siamo stati insieme tre, quattro ore. Ha usato parole al miele, di cuore, spero, mi ha riconosciuto un sacco di meriti”.
Ciro Immobile: “Quando stabilì il record di gol, gli dissi “Ciro, ti renderai conto di quello che hai fatto soltanto quando tutto sarà finito”. Lui è il più grande marcatore della storia della Lazio. La sua umiltà è forza e insieme debolezza. Ha bisogno di sentire quotidianamente la fiducia di chi gli sta intorno. Qualche anno fa visse un periodo simile, io lo caricavo con una battuta, sempre la stessa: “chiama Ciro e manda a casa suo cugino”. Il centravanti della Lazio è un ruolo pesante, ma ho una stima illimitata nei suoi confronti, solo la sua onestà gli farà capire quando sarà il momento di dire basta”.