SuperLeague, Agnelli sconfitto non molla: “Andremo avanti, temo demagogia e populismo”
Due giorni di caos. Indiscrezioni mediatiche e parole al vetriolo con i vertici delle istituzioni calcistiche. Il piano aureo della SuperLeague si ferma prima ancor di iniziare. Florentino Perez e Andrea Agnelli, i due principali artefici della ‘rivoluzione calcistica’, ne escono sconfitti e in un’atmosfera di assoluta ostilità da parte di FIFA e Uefa. Il futuro è un rebus. Cosa accadrà? Come muterà il dialogo con le istituzioni calcistiche europee? Difficile saperlo. Intanto, il presidente bianconero ha provato a fare il punto della situazione, parlando sia ai microfoni de La Repubblica che al Corriere dello Sport. Ecco quanto affermato da Agnelli.
“Prima di rispondere alle domande, partendo da quello che è stato detto e scritto, ritengo che alcuni punti fermi debbano essere chiariti – esordisce l’ex presidente ECA – uno: nessuna minaccia ai campionati domestici. Anzi, la ferma volontà da parte del gruppo delle dodici società di continuare a partecipare alle competizioni nazionali, sia al campionato, sia alle coppe. Quindi totale adesione a quella che è la tradizione. Due: fin dalla costituzione della SLCo, la Superlega, si è incoraggiato il dialogo con le istituzioni, nel nostro caso Fifa e Uefa. Tre: quello che stiamo facendo è perfettamente legale, stiamo esercitando una libertà prevista dal trattato dell’Unione europea, e questo aspetto lo considero particolarmente importante.
Quattro: il calcio sta vivendo una crisi enorme di appeal che investe le nuove generazioni. Hanno inciso gli stadi chiusi da un anno. Per chi ha figli di dieci, quindici, vent’anni la disaffezione è più che palpabile: i giovani si interessano ad altre cose. Evidentemente – e qui entriamo in una sfera macroeconomica – questo triste fenomeno ha subìto un’accelerazione a causa della pandemia. Quinto, è forse il punto-chiave, quella che stiamo cercando di organizzare è la competizione più bella al mondo”.
Come replicare alle forti polemiche di chi vi ha accusato di voler creare un calcio esclusivo?
“Che non è assolutamente così. La nostra volontà è creare una competizione che possa portare benefici all’intera piramide del calcio, aumentando sostanzialmente quella che è la solidarietà distribuita agli altri club. Una competizione, lo sottolineo, che rimane aperta e prevede cinque posti a disposizione degli altri club”.
Inviti o meriti sportivi?
“Questo fa parte del dialogo che abbiamo richiesto alle istituzioni. il maggiore problema dell’industria del calcio è la stabilità. Le riforme delle manifestazioni nazionali e internazionali sono temi che ho sentito rilanciare nel corso di ogni campagna elettorale di ogni presidente federale e di enti regolatori internazionali. Una volta arrivati a occupare posti di responsabilità, gli stessi pensano però al mantenimento delle posizioni di privilegio e di monopolio. La crisi non è soltanto finanziaria, ma di fidelizzazione. I più giovani vogliono i grandi eventi e non sono legati a elementi di campanilismo. La mia generazione lo era molto di più.
Alcuni dati: un terzo dei tifosi mondiali segue almeno due club e spesso questi due presenti tra i fondatori della Superlega. Il dieci per cento è affascinato dai grandi giocatori, non dai club. Due terzi seguono il calcio per quella che oggi viene chiamata ‘fomo’, fear of missing out, paura di essere tagliati fuori. E adesso la percentuale più allarmante: il 40 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni non prova alcun interesse per il calcio. Serve una competizione in grado di contrastare quello che loro riproducono sulle piattaforme digitali, trasformando il virtuale in reale. Attraverso Fifa crei la tua competizione, quella competizione va riportata nel mondo reale. Tralasciamo gli effetti della concorrenza dei vari Fortnite, Call of duty eccetera, autentici catalizzatori dell’attenzione dei ragazzi di oggi destinati a essere gli spender di domani”.
Qual è la posizione di Agnelli sull’ingresso dei fondi, al netto della vicenda SuperLeague
“Se i fondi ripresentassero le condizioni che offrirono il 3 di febbraio, vado a memoria, anche oggi non ne favorirei l’ingresso. Ho fornito ampie spiegazioni anche in Lega, non ricordo se nell’assemblea del 3 o del 10 febbraio, poco importa la data. Ho detto che temevo una flessione dei valori della serie A. Alla luce dell’esito dei bandi per i diritti non è andata così, pertanto la medesima operazione avrebbe dovuto prevedere numeri superiori a quelli presentati”.
Cosa teme Agnelli a questo punto?
“Io temo molto il populismo, la demagogia e che qualcuno non prenda atto dello stato di monopolio nel quale ci muoviamo. Minacce, questa la risposta che abbiamo ottenuto. Impedire a un lavoratore di svolgere il proprio lavoro è gravissimo. Ad ogni modo, non siamo assolutamente preoccupati. Il nostro è un approccio a una nuova libertà. Nuova libertà che è garantita dai trattati dell’Unione europea. Vogliamo uscire da questa situazione di monopolio nella quale i nostri regolatori sono anche i principali competitor”.