Mario Sconcerti è uno dei giornalisti più importanti e autorevoli del panorama calcistico italiano, ma le sue ultime frasi hanno scandalizzato il pubblico degli sportivi. Nato a Firenze, ha festeggiato, non benissimo, nella giornata di ieri 74 anni. Una carriera di altissimo livello tra La Repubblica, La Gazzetta dello Sport, la direzione de Il Secolo XIX e, soprattutto, del Corriere dello Sport. Sconcerti è un mostro sacro del giornalismo italiano, ma in queste mese di ottobre due frasi hanno fatto un certo effetto.
La “sindrome Sconcerti”, se così vogliamo chiamarla, ha il suo inizio l’8 ottobre con una delle frasi più agghiaccianti sentite da chi si occupa di calcio per la carta stampata. “Devo dire che Haaland c’ha questa faccia da sindrome down. Non ha questa faccia normalissima.” affermò ad una trasmissione radiofonica. Si alzò il polverone ed arrivarono le scuse. Una persona – ancor di più un giornalista – dovrebbe conoscere, però, il peso delle parole e gli effetti che queste creano in chi le ascolta. Haaland probabilmente non le avrà sentite (beato lui), ma forse qualche persona che possiede questa sindrome, sì. Questa analisi lombrosiana, purtroppo, non è stata l’unica brutta figura.
Il secondo episodio è avvenuto tra domenica e lunedì nella trasmissione sportiva Pressing di Mediaset. Un alterato Sconcerti, ex direttore generale della Fiorentina con Cecchi Gori e grande tifoso viola, interviene per dare la sua opinione sui fatti di violenza del Franchi verso un tifoso interista. L’analisi del giornalista si concentra sul concetto di “attenuante“. Secondo Sconcerti, infatti, la mancata espulsione di Dimarco sul rigore a favore della Fiorentina unito al 3-4 dell’ultimo minuto con un presunto fallo di Dzeko su Milenkovic sarebbe da considerare come una scusante per il gesto del tifoso viola. Se di per sè questa può essere una dichiarazione grave che giustifica un atto di violenza negli stadi, i riferimenti storici sono agghiaccianti. Mario Sconcerti afferma, infatti, che in Italia le attenuanti ci sono sempre state e che esisteva il cosiddetto delitto d’onore, che riduceva la pena per il marito che avesse ucciso la moglie infedele per difendere il proprio onore. Una pagina buia del diritto penale italiano richiamata come esempio per tentare di giustificare una gesto da condannare di un tifoso della propria squadra.
Esiste il detto “non c’è due senza tre”. Tutti si augurano che Sconcerti non lo segua. Una firma importante come la sua dovrebbe tornare a pensare prima di fare certe esternazioni. Da difendere, qui sì, non c’è solo il suo buon nome, ma quello di un’intera categoria.