Una settimana esatta. Sette giorni fa la nostra nazionale alzava al cielo di Wembley il trofeo Henri Delaunay, simbolo dei campioni d’Europa. Una gioia sognata e forse inaspettata, una sorta d’impresa tipica dei videogiochi. Una cavalcata trionfale insomma, con le solite sofferenze in salsa italiana.
Adesso però viene il bello. L’aver vinto un Europeo non significa automaticamente che il calcio italiano tornerà ai livelli degli anni ’90. Molti giocatori della nazionale guidata da Roberto Mancini piacciono all’estero, probabilmente qualcuno potrà anche lasciare il nostro paese. Anzi, c’è qualcuno come Gianluigi Donnarumma che ha già firmato altrove. La vittoria di un campionato europeo sarà un motivo in più per rinnovarsi, cavalcando quell’entusiasmo che sta accompagnando il paese da circa sette giorni. Si parla già di riforma dei campionati, con playoff e playout pronti a fare il loro esordio, senza dimenticare la riduzione a 18 squadre per poter proporre un torneo avvincente anche a chi decide di investire sul nostro calcio.
VIA ALLE RIFORME – La nazionale brilla, sorprende e unisce. Esalta tutti, soprattutto in vista di un mondiale – quello del Qatar – in cui i valori non verranno stravolti totalmente come spesso accade nelle grandi competizioni. Il calcio di provincia però arranca, la struttura è debole alla base e rischia di cadere come un castello di carte in una giornata un po’ troppo ventosa. Due facce di un dado a 20 numeri in cui ci sono talmente tante sfaccettature che si fa difficoltà a capire l’importanza, ma anche l’onere, di aver trionfato in una competizione simile.
C’è necessità di cambiare il calcio, il grido d’aiuto è arrivato addirittura dall’Inter campione d’Italia alle prese con conti e bilanci troppo pesanti per chi ha appena vinto il tricolore dopo dieci anni d’astinenza. La Superlega e la mancanza di liquidità, mancati introiti e magliette troppo costose hanno bloccato un sistema che rischia di incepparsi all’improvviso, con conseguenze abbastanza pesanti per tutti. Molti guardano al pallone come un capriccio di alcuni miliardari, ma dietro le quinte ci sono i fili da manovrare. E per farlo servono persone qualificate e non sempre il calcio è sinonimo di ricchezza. Il lato oscuro della Luna, se vogliamo buttare in mezzo anche un paragone musicale.
FUTURO INCERTO – Non sarà facile capire cosa ci riserverà il prossimo campionato e le prossime assemblee di Lega con proprietari verdi di rabbia e pronti a tirare la corda nella propria direzione, d’altronde l’acqua non arriva se non fai sforzi sovrumani. Sarà un bel campionato per tutti i cambi di panchina, sarà un bel torneo perché vivrà di luce riflessa di un Europeo dominato e vinto dagli azzurri. Come nel 2006, come in altri frangenti. Ma abbassata la Coppa e smaltita la sbornia dei festeggiamenti, bisogna spostare il tappeto e tirar via la polvere. Siamo campioni d’Europa, è vero. E siamo contenti di tutto ciò. Ma adesso viene il bello, cerchiamo di non farci trovare impreparati come al solito.