Serie A, Nainggolan: “Scudetto all’Inter, che ricordi con Spalletti e Pioli!”
Radja Nainggolan, centrocampista dell’Anversa, ha rilasciato una lunghissima intervista alla Gazzetta dello Sport. Di seguito il suo pensiero su Spalletti, Pioli e la corsa scudetto.
Serie A, Nainggolan tra lotta scudetto e i ricordi con Pioli e Spalletti
Nainggolan, da dove iniziamo?
“Roma-Barcellona. Il 10 aprile è stato l’anniversario della rimonta delle rimonte. Ogni volta che rivedo quel match colgo un dettaglio in più“.
Dica la verità: ci credevate?
“In realtà sì. Non so spiegarlo, ma nei giorni precedenti c’era una ‘fiamma’ strana a Trigoria. Eravamo tutti convinti che ce l’avremmo fatta, tranne Manolas“.
L’autore del 3-0. A volte il destino è così.
“Lui è un pessimista di natura. ‘Cosa vinciamo? Ma dai…’. Ne parlava così. Kostas è molto credente tra l’altro. Non so quante volte al giorno si fa il segno della croce, ma poi l’ho visto esultare con quella faccia da matto. Siamo amici, lo sento spesso, quando ero a Napoli lo chiamavo e mi passava Spalletti“.
E cosa le diceva?
“Dieci minuti di fuoco. È un grande motivatore, vede il calcio in modo diverso rispetto agli altri. Domina il gioco, però poi magari vedi i risultati e noti che ha vinto meno di altri. Con lui ho disputato l’anno migliore, 2016-17: 14 gol e secondo posto con 87 punti“.
Oggi si sta giocando di nuovo lo scudetto.
“Napoli è una grande piazza. Ai tempi di Cagliari mi avevano cercato, ma poi non se n’è fatto nulla. Uno come me, con quel tifo, avrebbe giocato da Dio. Di Luciano ho mille ricordi, quasi tutti positivi. Ogni tanto abbiamo litigato, ma poi siamo sempre tornati ad abbracciarci come prima. Gli voglio bene“.
Tra Spalletti e la Roma è finita male. Dispiace che uno così, con il suo passato, verrà ricordato come “quello che ha fatto smettere Totti”?
“Sono neutrale, dico solo che ognuno aveva le sue ragioni. È chiaro che non è stato giusto far giocare uno come Francesco solo un paio di minuti a partita. Ho visto la serie però, il mio è uno dei personaggi più riusciti. Ciò che è successo a Bergamo è vero, ci aspettò seduto nel corridoio fuori la porta“.
Torniamo indietro. Piacenza, annata 2008-09 con Pioli.
“Avevo vent’anni, venivo da una decina di partite in B, ma lui mi schierò titolare fin da subito. È un gentleman, una persona d’oro, quando lo vedo infuriato a bordo campo sorrido sempre. È un buono“.
Anche lui è lì, in vetta con il Milan.
“Il suo segreto è l’umiltà, ma anche puntare sui giovani. Rischiare. Quindici anni fa l’ha fatto con me, oggi con Tonali. Su di lui mi sono ricreduto, è davvero forte. E poi ha un grande maestro come Stefano. Il Milan è squadra. La forza del mister è creare gruppi così“.
Vi sentite ancora?
“Dopo la vittoria con il Napoli gli ho scritto che merita di stare dov’è. Lui e Spalletti, come persone, sono diversi, ma come allenatori sanno cambiare“.
Pioli le ha mai dato qualche strigliata?
“No, ma solo perché all’epoca non trapelava niente. Ogni tanto combinavo qualche cavolata, ma nessuno sapeva nulla. Stefano e il suo staff, però, sono stati grandi. Quando avevo un problema chiamavo il vice, Giacomo Murelli, e sapevo che potevo contare su di lui a occhi chiusi”.
Infine l’Inter, dove forse non si è mai trovato a suo agio.
“Sa cos’è? La Roma è stata la donna della mia vita, e quando finisce un amore così grande non sai se il successivo sarà mai come il precedente. La storia tra me e i giallorossi è finita in modo doloroso, a Milano non ho mai avuto la stessa ‘fiamma’ che mi accendeva nella Capitale“.
Il primo anno a San Siro è andato bene però.
“Mi ha voluto Spalletti. Ho segnato sei gol, ci siamo qualificati di nuovo in Champions, poi ho preso qualche fischio di troppo dopo un rigore sbagliato in Coppa con la Lazio. Conte, in estate, fu schietto e sincero. Lui mi aveva cercato ai tempi del Chelsea nel 2016, già allora voleva anche Lukaku“.
Che ne pensa di Simone Inzaghi?
“Le dico questa: tempo fa ci siamo ritrovati in aereo per andare in vacanza alle Maldive. Siamo stati 6 ore a parlare di calcio, abbiamo anche amici romani in comune. In estate mi ha chiesto di restare all’Inter, ma sono tornato in Belgio. Ormai ero fuori dai piani della società“.
Si rivede in qualcuno in particolare?
“Barella, solo che io segno un po’ di più“.
Chi vince lo scudetto?
“La favorita è l’Inter. Con il Verona ha dominato, la squadra è forte. Certo, se avesse perso con la Juve avrei detto i bianconeri…“.
Quante volte l’hanno cercata?
“Un paio, ma non mi è mai interessato”.
E al futuro pensa mai?
“Il mondo intorno al calciatore mi inizia a stufare, ma la passione c’è. Se mi dai un pallone gioco sei ore. Ora come ora non penso a una vita fuori dal calcio“.
Se l’Italia chiamasse tornerebbe?
“Certo. Posso dare ancora molto“.
La sua più grande forza?
“Essere coerente. Sulla mia vita privata si è detto di tutto, ma ribadisco: che male c’è a bere un bicchiere di vino o a uscire la sera? Non mi sono mai nascosto. E sono più uomo io di chi invece lo fa“.
Ha mai fatto le tre di mattina prima di un match?
“La sera prima mai, ma due o tre sere prima sì. Spesso ho anche giocato grandi partite, altre volte ho fatto schifo. Vivo così, non sarò mai uno finto“.