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Serie A: la settima è una giornata sospesa

Nell’antichità le scuole post-aristoteliche stoiche, epicuree e scettiche seguivano la cosiddetta atarassia, ovvero la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione dalle passioni. Prendendo in prestito quei concetti e decontestualizzandoli dalla filosofia morale, possiamo affermare che la settima giornata di A è stata atarassica, per molti versi immune da emozioni, sospesa.

L’abbiamo capito quasi subito, dalla prima gara di Reggio Emilia. La squadra più sensuale della Serie A, il Sassuolo, non è riuscita ad ammaliare l’Udinese, né tantomeno gli spettatori. Semplicemente non c’è stato il canto delle sirene neroverdi. Gli uomini di De Zerbi hanno fatto tanto possesso palla e null’altro, quasi nessun tiro, nessun acuto. Il Sassuolo poteva prendere la testa della classifica, ma questo possibilità non è bastata. Gli emiliani stanno affrontando un processo di trasformazione in una realtà e dimensione diversa, c’è qualche prezzo da pagare e non è detto valga la pena. Ne è la prova Boga che da esterno devastante viene portato all’interno del campo per pressare gli avversari. I friulani, dal loro canto hanno giocato in maniera prudente, senza sbavature: hanno preso solo un punto, non dovrebbero accontentarsene, ma di questi tempi in casa del Sassuolo un punto vale oro.

Le emozioni, invece, sono venute fuori a Cagliari solo nel momento in cui Augello è stato espulso. Prima della chiamata del VAR regnava un equilibrio discreto, nel quale trovava le proprie condizioni d’esistenza la normalità della Sampdoria. Saltato il banco è cambiata la partita, è passata la mano. Di Francesco ha trovato la vittoria e ha mantenuto la porta inviolata, ha preso altro tempo, forse molto tempo. Merita una nota a margine Joao Pedro, un giocatore sottovalutato. Il brasiliano ha segnato in cinque delle prime sette gare, con la maglia del Cagliari c’era riuscito solo Riva, inoltre, dalla scorsa stagione tra quelli della sua nazionalità ha segnato il maggior numero di gol (23) nei cinque maggiori campionati europei. Ha fatto meglio di gente del calibro di Neymar, Firmino e Coutinho.

Ha fatto meglio Lo Spezia, meglio del Benevento, e meglio delle sue ultime uscite. Era a secco da quattro gare, ha vinto 3 a 0 quello che aveva tutte le arie di uno scontro diretto per la salvezza. L’ha sbloccata Pobega, giovane interessante, l’ha chiusa Nzola, una bella sorpresa in Serie A. Meraviglia che il pallino del gioco sia stato sempre nelle mani dei liguri, bravi a dominare chi sbandiera il credo del dominio. La verità è che i sanniti sembrano inferiori, probabilmente rispetto a quanto si diceva, sicuramente rispetto agli avversari che in sordina hanno guadagnato otto punti nelle prime sette gare in assoluto di Serie A, prima c’era riuscito solo il Siena 2003/2004: arrivò 13esimo.

Una posizione, alta nella parte destra della classifica, alla quale nemmeno la Fiorentina sembra poter auspicare. La Viola vista in campo a Parma è sembrata una squadra costruita per la salvezza. Una salvezza che potrebbe conquistare senza patemi d’animo, ma altri obiettivi, invece, sembrano davvero difficili, nonostante sia stata attrezzata per altro. Abbiamo assistito ad una partita spenta, bloccata, involuta. Gli ospiti dovevano molto di più. I padroni di casa hanno stretto la filosofia della ripartenza, forse al momento non credono di poter fare di più.

Di certo la vittoria era nelle corde della Juventus vista a Roma, nettamente la più bella versione bianconera da inizio stagione. Per 75 minuti si è vista una squadra solida, compatta, brava ad attaccare l’avversario ed il campo, brava a vivere del suo fenomeno, più vicina alle idee del suo allenatore. Poi il Re Cristiano Ronaldo è uscito e i cavalieri si sono smarriti nella loro gioventù e incompletezza. Nel caos ha sempre la meglio Caicedo, l’uomo della provvidenza, fisicamente inarrestabile, capopopolo di una squadra che ha guadagnato 33 punti da situazione di svantaggio dalla scorsa stagione, più di ogni altra squadra nei maggiori cinque campionati europei. Statistica che ci dice tanto sul cuore degli uomini d’Inzaghi, capaci di venire a fronte di ogni difficoltà.

Difficoltà evidenti che stanno vivendo Atalanta e Inter, e il pareggio è stato forse il risultato più giusto. Zero tiri nello specchio nel primo tempo, un lampo di Lautaro, un altro di Miranchuk. Basta poco a riassumere novanta minuti, sì, atarassici. Conte si arrabbia con chi gli fa notare mancanze, la sua squadra dovrebbe arrabbiarsi in campo. Gasperini non accetta di essere in flessione, ma lo è. Manca furore ed è tutto ciò che rende le due nerazzurre squadre valide, senza sono poco più che normali.

Normale era aspettarsi la vittoria della Roma, perché è felice il momento dei giallorossi, lo è ancora di più dopo Genova. Ha fatto tutto, o quasi, Mkhitaryan. Ma la squadra di Fonseca ha giocato, ha corso, ha segnato. Non avesse perso a tavolino a Verona sarebbe seconda. La scaramanzia avvolge la Capitale, ma dove regna l’equilibrio spesso tutto è possibile. Male il Genoa, vive di un campionato segnato da un inizio difficile, ma ora è anonimo ed in zona retrocessione.

Anonime ed in zona retrocessione come Torino e Crotone, protagoniste di una partita brutta, senza mezzi termini. Fanno poche entrambe, meglio una dell’altra e viceversa a tempi alterni, ma il risultato riflette perfettamente quanto si è visto al Comunale: niente. 

Niente è quello che raccoglie il Bologna, quasi sempre. Il Napoli dimentica la sconfitta col Sassuolo facendo il minimo indispensabile, cristallizzato nel colpo di testa di Osimhen. Anche qui, se è vero che con i se e con i ma non si va da nessuna parte, è anche vero che gli azzurri delle prime partite avrebbero potuto vincere agevolmente a Torino ed oggi sarebbero primi, questo qualcosa ci dice sul lavoro fatto da Gattuso. Lavoro che dovranno fare i padroni di casa per evitare un record negativo che avrebbe del clamoroso: il Bologna ha subito gol per la 40ª partita consecutiva in Serie A: solo Bordeaux (42 nel 1960) e Gimnàstic de Tarragona (41 nel 1950) hanno avuto una serie più lunga con gol al passivo nella storia dei top-5 campionati europei.

A chiudere la settima giornata di Serie A il sesto pareggio su dieci partite, simbolo maestro della sospensione delle emozioni. Un pareggio che il Milan ha acciuffato per i capelli, in rimonta contro quel Verona che è sempre fatale ai rossoneri. C’è stata comunque la prova degli uomini di Pioli, senza Silvestri la partita avrebbe avuto un altro sapore. Fatto sta che Juric è riuscito a spremere ancora tutto dai suoi e ad impedire ai primi in classifica di prendere terreno.

Se lo avessero fatto, in fondo, non avremmo potuto parlare di una giornata sospesa, nessuno ha allungato, nessuno ha strappato e tutto resta un po’ com’era.

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Published by
Carlo Iacono