Un fulmine a ciel sereno. L’ennesimo capitolo del romanzo ‘calcio all’italiana’. Nella giornata di ieri, infatti, è esplosa un’autentica baraonda tra le fitte ragnatele che legano le trame del calcio italiana. Ragnatele, non di sicuro catene. I club sono completamente divisi e gli equilibri non sono mai stati così precari. Un percorso che parte da lontano e che, con il clima teso ed emergenziale dovuto al Covid, ha acuito i dissapori e le congiure, nelle stanze segrete dal gelido marmo. 7 club di Serie A hanno chiesto la testa di Dal Pino, con una lettera che evidenzia “l’irrevocabile sfiducia alla carica” dell’attuale presidente della Lega Serie A.
Il Dalpinicidio delle “idi di Aprile” viene architettato da Juventus, Inter, Lazio, Napoli, Atalanta, Fiorentina e Hellas Verona. Un asse del tutto inedito che, ancora una volta, porta battaglia vera fuori dal rettangolo verde. Juventus e Inter una di fianco all’altra, dopo le tensioni storiche: dal famigerato rigore di Ronaldo del 1998 allo scudetto della discordia del processo Calciopoli. Si unisce anche il Napoli, dopo anni di retorica Nord vs Sud, le marce verso il Palazzo dell’ex tecnico Maurizio Sarri ai tempi della panchina azzurra e dell’ostilità verso la Juve di Allegri, fino al recente scontro per il rinvio del match di campionato per i contagiati Covid in casa partenopea. Uniti in nome di un interesse comune, in uno scontro rusticano che fa schierare tutti: dai presidenti ai dirigenti federali, dai giornali ai tifosi.
Ma cosa c’è dietro al tentativo di colpo di Stato, nei confronti di un presidente rieletto a fine gennaio con 14 voti su 20? La Repubblica parla della vituperata ‘clausola Superlega’, legata intrinsecamente alla trattativa per l’ingresso dei fondi nella Serie A. Quella clausola imposta dal consorzio nella bozza dell’accordo in cui, qualora venisse istituita la Superlega, i club dovrebbero pagare una penale. Il colpo di Stato è fallito poiché, per ottenere la revoca dal presidente, servirebbero gli stessi 14 voti che sono serviti a rieleggerlo. Ad oggi ne arriverebbero solo sette, come anticipato. Tra le big, si sfilano dalla ribellione Milan e Roma.
Ma ogni congiura ha un piano B, dunque, è ora di aspettarsi un vero e proprio scontro interno. Tutto questo mentre ci si gioca il futuro della Serie A, in una fase così delicata per tutto il Bel Paese. Si parla addirittura di un commissariamento, ancora una volta, qualora il negoziato dovesse risultare impraticabile. Il Corriere della Sera va più a fondo, mettendo in luca oscuri retroscena alla base di tale sfiducia. Dal caso tamponi della Lazio che avrebbe indispettito Lotito, alle recenti indagini della Covisoc sulle plusvalenze della Juventus, fino alla situazione economica dell’Inter al vaglio della Uefa.
Si parla di Dal Pino come di un diversivo, un petardo per attirare l’attenzione mentre si pianifica il colpo al vero avversario: il presidente FIGC Gabriele Gravina che, dal suo canto, ha inasprito i rapporti con i club minacciando di togliere la delega alla serie A e, consequenzialmente, avocandola a sé e annunciando di voler abbassare i quorum per le delibere della Lega. Un modo per rompere le ostilità e avvicinare le posizioni ad oggi distanti sulla trattativa con i fondi.
Una partita tutta da giocare, quella vera. Quella che dura ben più di 90 minuti e dove le porte sono molto più ristrette. Difficile prevedere cosa potrà succedere. Assai ben più semplice asserire – ad oggi – che il calcio italiano ha dato per l’ennesima volta una pessima immagine di sé, trasformando il dialogo per l’avvenire del movimento in una misera lotta di trincea dove gli interessi sono sempre più personali, e sempre più disgiunti dalle logiche di modernità che stanno tenendo l’Italia sempre più staccata dai suoi competitor.