I nerazzurri sono Campioni d’Italia per la ventesima volta nella sua storia. L’Inter ha vinto lo Scudetto della seconda stella con cinque giornate d’anticipo, battendo 1-2 il Milan nel Derby e coronando una Serie A assolutamente dominata dalla squadra allenata da Simone Inzaghi.
A distanza di tre anni dall’ultima volta (dal titolo del 2020/2021 con Antonio Conte in panchina), l’Inter torna sulla vetta d’Italia al termine di una stagione che ha visto i nerazzurri dominare sul piano dei risultati e con nessuna rivale che nel lungo periodo ha saputo tenere il ritmo della formazione di Inzaghi. Uno score pazzesco che dopo 33 giornate recita 27 vittorie, 5 pareggi e 1 sola sconfitta con 86 punti totalizzati e che a fine stagione potrebbe portare i nerazzurri all’incredibile quota di 101.
Basterebbero questi numeri e anche il dato di un Inter che è sia il miglior attacco (79 gol realizzati) che la miglior difesa (solo 18 reti subite e con 19 clean sheet fino a questo momento) per certificare e capire quanto questo scudetto sia meritato per la squadra nerazzurra, che come unica rivale si è trovata una stoica e arcigna Juventus, con i bianconeri che hanno retto per tutto il girone d’andata per poi crollare proprio nello scontro diretto di San Siro, che ha ufficiosamente fatto prendere al campionato le tinte nerazzurre.
Ma non inganni la modalità dominante e l’epilogo trionfale che l’Inter è riuscita a imprimere a questa Serie A e a questo Scudetto, perché la stagione nerazzurra è stata tutt’altro che scontata e ha un che di sorprendente. I pronostici di inizio anno infatti non davano capacità ai nerazzurri di poter ammazzare il campionato in questa maniera. Dubbi va detto, assolutamente leciti perché l’Inter ha dovuto per la terza sessione estiva di fila fare di necessità virtù a causa delle mancanze di una proprietà che il “massimo” che ha potuto fare è non investire nulla ma solo poter spendere quanto ricavato dalle cessioni.
Si poteva davvero credere che una squadra che in una sola sessione di mercato dice addio a giocatori come Romelu Lukaku, Edin Dzeko, Marcelo Brozovic, Andrè Onana, Milan Skriniar e Robin Gosens potesse sopperire a queste assenze e ed essere credibile per lo Scudetto? I dubbi erano giusti, anche perché il mercato in entrata ha regalato ai nerazzurri tanti volti nuovi ma da testare.
Uno su tutti Marcus Thuram, attaccante prelevato a zero dal Borussia Monchengladbach e chiamato a prendere l’eredità di Dzeko come neo titolare assieme a Lautaro Martinez. Come nuovo portiere è stato scelto Sommer, un profilo esperto ma non superiore ad Onana sulla carta. L’addio di Brozovic ha ufficializzato Calhanoglu come neo regista e con il croato sostituito numericamente da Davide Frattesi, un cambio che qualititivamente non andava certo a migliorare. L’unico upgrade certificato e non zero rischi è stato Benjamin Pavard, con il centrale ex Bayern preso al posto di Skriniar. Un profilo di alto livello su cui era lecito aspettarsi buone cose. Nello specifico poi le difficoltà di mercato dell’Inter in estate si evidenziano nella costruzione delle riserve del reparto offensivo, dove i paletti economici dei nerazzurri costringono al ritorno in rosa di Alexis Sanchez da svincolato e all’acquisto abbastanza scellerato di Marko Arnautovic.
Non i migliori dei presupposti con un mercato che vede anche l’arrivo di nomi come Bisseck, Carlos Augusto, Klaassen, il “colpo” Cuadrado e dei due portieri Audero e Di Gennaro come secondo e terzo. Una rosa non stravolta nei titolari (dove vengono di fatto inseriti i soli Sommer, Pavard e Thuram al gruppo della passata stagione) ma che sembra avere più di un deficit nelle riserve, sopratutto in quelle di attacco.
Eppure fin dall’inizio del campionato l’Inter ha creduto in sé stessa, trovando compattezza generale di squadra attorno al sogno/obiettivo Scudetto e contornando il tutto con quello che è stato l’ingrediente principale di questa stagione di successo. Una perfetta organizzazione di gioco costruita da Simone Inzaghi, che come la sua squadra ha creduto e alzato verso l’alto il livello della propria idea di calcio.
Un gioco moderno, armonico e preciso dove a brillare non sono stati gli elementi individuali ma i meccanismi collettivi, che hanno permesso di trovare quella fluidità e tranquillità mentale che a sua volta ha regalato all’Inter la continuità che serve ed è servita per lo Scudetto.
Grande merito va al tecnico nerazzurro, che al terzo anno alla guida dell’Inter compie il suo personale capolavoro. Nel triennio di Inzaghi l’Inter ha sostanzialmente giocato sempre bene. Ma i cali mentali, le disattenzioni difensive e la poca concretezza in attacco delle passate stagioni sono sparite a fronte di una tranquillità da squadra forte (non la più forte di tutti, ma la più forte nel credere nei suoi giocatori e di cosa proporre in campo) e che ha rotto il campionato e annientato la concorrenza con la sicurezza delle proprie idee.
Uno Scudetto frutto del collettivo e non del singolo, anche se alcuni elementi sono stati ovviamente decisivi ed è giusto che in un’annata Tricolore sia così. Perchè Sommer non si è rivelato così male, perché Pavard ha alzato la qualità della difesa e perché Thuram si è inserito alla perfezione nel mondo Inter e dando vita alla Thu-La con uno straordinario Lautaro Martinez, una delle coppie d’attacco più efficaci d’Europa e cancellando nel cuore e nelle menti dei tifosi nerazzurri chi c’era prima di lui.
E alla fine anche alcune riserve hanno fatto il loro e più del loro come Frattesi diventato uomo dei gol decisivi e all’ultimo minuto o le prestazioni solide offerte da Bisseck e Carlos Augusto, e con le uniche note amare della stagione del duo d’attacco di sostituti.
Una considerazione che rende ancora più importante quello che ha fatto l’Inter, che ha stravinto un campionato con solo due titolari in un reparto delicato e fondamentale come l’attacco. La seconda e meritata stella nerazzurra è giunta con pieno merito, che sia arrivata in modo così perentorio e assolutamente non scontato e sorprendente all’inizio del percorso la rende anche più brillante.