É un Roberto De Zerbi a 360 gradi quello intervistato da Il Foglio. L’allenatore del Sassuolo ha parlato della sua esperienza da calciatore, del magico momento dei neroverdi e di come sia cambiato il calcio rispetto ai suoi tempi.
“Senza calcio sono vuoto, ma non perchè non abbia altri interessi. La sosta mi scarica, mi fa mancare l’adrenalina e lo stress prepartita” – ha esordito il tecnico dei neroverdi – “Il calcio è un modo di esprimere me stesso. Sono nato a pochi passi dal Rigamonti, quindi metà della mia infanzia è stato il gioco e l’altra metà il Brescia. Ecco perchè le mie squadre hanno carattere: sono un mix tra la professionalità del calciatore e la passione del tifoso“.
Un calciatore con un rapporto poco cordiale con i suoi allenatori. “Avrò avuto quindici allenatori e litigato con dodici, ma non faccio nomi. Non sopporto l’incoerenza, l’ambiguità e l’egoismo: un allenatore può sbagliare certo, ma può anche chiedere scusa. Cerco sempre di evitare comportamenti del genere e di essere schietto: meglio dire una cosa brutta che trascinarsela per tanto tempo“.
E sarà forse questa la ricetta segreta del Sassuolo: quindici punti, zero sconfitte e secondo posto in classifica. “La sto guardando la classifica, ma con ambizione e non come responsabilità. Potevamo avere anche qualche punto in più! Il Sassuolo è un’azienda, non un miracolo. Un’azienda che sa camminare perchè formata da persone competenti. Stiamo continuando il percorso iniziato dal presidente Squinzi, a cui cerchiamo di rendere onore“.
“Il calcio muove soldi ed è giusto paragonarlo ad un’azienda” – ha concluso De Zerbi – “ma si sta perdendo la parte sentimentale del calcio in favore di quella economica. Anche i calciatori per colpa dei social sono privi di personalità: il rispetto va conquistato, altrimenti si viene calpestati“.