Sassuolo, Dionisi: “Il mio calcio è offensivo e verticale”
Il tecnico del Sassuolo, Alessio Dionisi, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui ha parlato della sua prima stagione sulla panchina neroverde. Ecco alcune delle sue dichiarazioni, estratte direttamente dalle pagine della Rosea.
Sassuolo, le parole di Dionisi alla Gazzetta
Sulle caratteristiche del suo calcio
«Abbastanza, ma non mi interessa che si noti la mia impronta. Contano la crescita della squadra e i miglioramenti dei singoli. Io ho le mie idee, però poi mi lascio anche guidare dalle caratteristiche dei giocatori. La palla ai nostri attaccanti non va portata, ma data il prima possibile: allora facciamo meno possesso e proponiamo un calcio più verticale. Di sicuro adesso il Sassuolo non è quello di quattro mesi fa».
Sulla pressione dell’inizio
«Non ho sentito pressione perché ero consapevole della situazione. Ero convinto che fosse un’esperienza molto stimolante oltre che difficile. Ora sono soddisfatto di quanto stiamo facendo. Un allenatore deve avere tante sicurezze, altrimenti non può trasmetterle agli altri. Però mi metto ogni giorno in discussione».
Sulla fase di non possesso
«Noi pensiamo sempreacome giocare e attaccare, ma curiamo tanto anche la fase di non possesso: adesso più di prima. C’è chi preferisce consolidare la difesa e poi dedicarsi all’attacco, io faccio il contrario. Raspadori è l’ago della bilancia, un motorino inesauribile. Contro l’Atalanta gli ho detto di attaccare da trequartista e difendere da mezzala: ha fatto tutto benissimo».
Sul valore dell’attacco del Sassuolo
«Il Sassuolo ha molta qualità in avanti e io devo sfruttarla. Quindi chiedo un sacrificio a tutti per poter essere pericolosi. E pretendo che i ragazzi vadano a chiudere l’azione con il tiro molto spesso anche per un discorso strategico: se non vai al tiro, hai meno tempo e possibilità di organizzare la fase di non possesso. Poi ovviamente io preferisco ipotizzare di fare un gol in più dell’avversario e non di prenderne uno in meno, ma dipende tutto dall’equilibrio: chiunque vorrebbe difendere tenendo la palla, ma non è facile».
Sulla verticalità del suo calcio e i rischi che ne conseguono
«È un rischio che accetto di correre anche perché ci spinge a migliorare la lettura dei momenti e delle situazioni. Io non voglio andare sempre in porta rapidamente, però dobbiamo essere noia decidere quando e come farlo. D’altro canto, non credo che agli avversari convenga permetterci di riattaccare con pochi passaggi. Quindi il nostro atteggiamento può condizionare il loro».