Ruben Garcia, il calciatore per la parità e i diritti LGBT

Ruben Garcia, il calciatore per la parità e i diritti LGBT

(Photo by Juan Manuel Serrano Arce/Getty Images)

Rubén García è un calciatore diverso da tutti gli altri, disposto a mostrare il suo lato più solidale o a posizionarsi pubblicamente a favore del collettivo LGBT e contro l’omofobia. Un fatto davvero inusuale tra i giocatori di calcio.

Particolare il suo post fissato in alto su Twitter, ovvero un video in cui emula Joaquin Phoenix in Joker, mentre si trucca, con That’s Life di Frank Sinatra in sottofondo. Un video di presentazione del Guasones Team, la sua squadra di eSports. Il logo si ispira al volto di Joker.

Ruben ha spiegato a La Vanguardia: “Arthur Fleck non era un cattivo, era una vittima disprezzata dalla società. La conclusione che traggo dal film è che dobbiamo sostenere le persone che soffrono di una malattia mentale o che sono più vulnerabili. Ho una famiglia che lavora con persone con diversità funzionale e le conosco da vicino. Mi infastidisce che gli aiuti vengano portati via quando ne hanno più bisogno”, aggiunge.

Ruben Garcia, l’impegno per la parità dei diritti

Garcia ha un’empatia verso il prossimo e verso il diverso inusuale tra i calciatori. È promotore di una società egualitaria, dove le differenze non siano viste come difetti di un individuo. Il calciatore ha sempre sfruttato e continua a sfruttare la sua visibilità per incentivare i valori più importanti che dovrebbero permeare la società. “Voglio che a ogni ragazzo o ragazza venga instillata l’uguaglianza di genere e non debba guardare se la persona di cui si è innamorato è un uomo o una donna”.

Nel suo privato, l’omosessualità non è mai stata un argomento tabù a casa dato che suo fratello è gay. Il mondo sta andando avanti, siamo alle porte del 2021 e si sta lentamente procedendo verso una parità di diritti assoluta. Lo spagnolo ha però un grande rammarico, ovvero la chiusura mentale verso l’omosessualità che aleggia nell’ambiente calcistico. Garcia ha spiegato: “Non sono conversazioni tipiche tra calciatori. Se nessuno è uscito allo scoperto, forse è perché hai paura di non essere accettato. Se un collega mi dicesse che è omosessuale, lo incoraggerei a fare il passo per renderlo pubblico. Sarebbe molto utile normalizzarlo”.

Nel calcio mondiale si conta un solo ed unico coming out. Quello dell’arbitro norvegese Tom Harald Hagen, in attività dal 2006. Lo scorso 26 ottobre il direttore di gara ha fatto coming out durante un’intervista a Glamdalen.

L’attivismo social di Ruben Garcia

Nel suo piccolo il giocatore dell’Osasuna cerca di compiere semplici azioni per normalizzare le diversità, specialmente sulle sue piattaforme social. Nel giorno del pride ha twittato la bandiera arcobaleno simbolo della comunità LGBT.

Un post che suscitò abbastanza clamore, diventando notizia. Ruben Garcia, a luglio, commentò così: “Questo è un problema che dovrebbe già essere completamente standardizzato. Stavo semplicemente sostenendo i diritti di un gruppo e questo è sorprendente perché è la prova di tutto il lavoro che abbiamo davanti a noi. Sia nel mondo del calcio che nella società. Da calciatore ho una certa responsabilità e cerco di posizionarmi e difendere le cose in cui credo. Ed è per questo che ho caricato la foto”.

Lo spagnolo ha giocato anche una partita con le unghie viola per l’8 marzo, la giornata internazionale delle donne e ha in più riprese difeso il calcio femminile (“noi calciatori dovremmo dare loro più sostegno”).

 

 

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Sempre più spesso i giocatori vengono coinvolti in causa sociali ma, per l’ennesima volta, il discorso omosessualità rimane un pericoloso tabù. Nessuno dei giocatori più in vista del calcio mondiale si è mai azzardato a proferire parola sulla questione e questo non può che essere lo specchio di quanto poco, almeno esternamente, venga accettata la faccenda. “Abbiamo l’esempio di cantanti e celebrità che parlano apertamente di ciò in cui credono. Nel calcio siamo ancora molto riluttanti. La stessa cosa succede nelle interviste, non usciamo dal calcio puramente e penso che sia un errore. Dalla mia esperienza, più ti apri più ti conoscono. e questo è positivo”. Il pensiero del calciatore.

 

Durante la quarantena ha cercato di dare il suo contributo alla società. “Le persone sarebbero state più lontane che mai e ho cercato di avvicinarmi”. Il calciatore ha infatti organizzato un concorso di disegno per bambini, ha fatto gli auguri di compleanno a quasi 1000 persone con un video e ha raccolto fondi da devolvere alla ricerca contro il cancro infantile. Queste sono solo alcune delle sue iniziative, a conferma della sensibilità e della nobiltà d’animo che lo contraddistinguono.