Tra una rotellina e l’altra, su DAZN è possibile trovare il documentario “Il Fenomeno: ascesa, caduta e redenzione di Ronaldo”. Una volta tanto Cristiano resta a guardare e la scena se la prende di nuovo lui. Nazario de Lima. Per molti l’unico e solo fenomeno in circolazione: un soprannome che descrive molto di più, ovvero la capacità di sorprendere e sorprendersi in mezzo al campo. Dribblig, intelligenza tattica e talento ma soprattutto tanta fame.
Ronaldo voleva prendersi il mondo e se l’è preso a suon di gol e belle giocate. Dietro le quali si celavano sacrifici e privazioni. In qualche maniera anche sofferenze. Calcio spettacolo, ma anche cicatrici e traumi portati sotto pelle con l’ambizione come motore e la voglia di primeggiare come benzina. In mezzo gli imprevisti, perchè si può gestire tutto soltanto fino a un certo punto: le ginocchia come cristalli, il mito che non può spegnersi ma rischia di esaurirsi. Allora è possibile piombare in un tunnel di rimorsi e paure, con questo Ronaldo ha fatto i conti.
Dopo il ritiro dal calcio giocato è rimasto – non poteva essere altrimenti – nel mondo del pallone. Non senza problemi: si sentiva come un personaggio storico senza più contesto. Il mondo cambia e l’abilità sta nel recepire ogni tipo di metamorfosi. In particolare sul piano emotivo. Per questo Ronaldo si è fatto aiutare: “Sono andato in terapia – racconta – è importante fare un lavoro di testa. A livello mentale. Noi abbiamo giocato in un periodo di trasformazioni: venivamo catapultati in una dimensione di ipertrofia mediatica con cui bisogna fare i conti“. Quando la luce si spegne, è importante rimanere sé stessi.
È il fardello di moltissimi calciatori: il dopo. Cosa fare una volta che gli scarpini si appendono al chiodo, per un lavoratore normale il momento della pensione è un mix tra liberazione e smarrimento. Un calciatore vive soltanto la seconda parte: troppo giovane per sentirsi arrivato, troppo vecchio per sperare di giocare ancora. Questo succede a 40 anni. Un limbo in cui è difficile scegliere in che parte del mondo (sportivo) collocarsi, l’etichetta di celebrità – ormai consolidata – non basta più.
Leggi anche – Torino-Juventus, da qui passano le sorti del campionato
Ne ha parlato Ronaldo, facendo capire che la popolarità e la fama possono essere un fardello, anziché un onere, se mal gestite. Il fenomeno, nel documentario, racconta questo passaggio – affatto immediato – da idolo a vecchia gloria: se da fuori appare nell’ordine delle cose, all’interno è come una Via Crucis che ogni grande della storia (sportiva e non solo) attraversa. Vale per l’ex Inter, ma anche per Nadal, Federer, Valentino Rossi. Tutti coloro che hanno influenzato la storia, spesso, non riescono a comprenderla. Pur essendo qualcosa di così naturale: il senso di ineluttabilità fa più danni dell’oblio. Ecco perché, prima di essere fenomeni, è importante sentirsi appagati.