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Ronaldo, campione fragile

Di Ronaldo ce n’è uno, Luis Nazàrio da Lima. E non è una questione di partigianeria, quanto di storia del calcio. Quando Ronnie – che oggi festeggia 44 anni – si affacciava al grande calcio, il piccolo Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro aveva probabilmente il suo poster in cameretta. O almeno, è quello che ci piace pensare. Perché per chi ha iniziato ad appassionarsi al calcio nella seconda metà degli anni Novanta, il Fenomeno ha rappresentato esattamente ciò che per i bambini di oggi è Messi. Lo stupore. Capace di far scoccare la scintilla destinata ad ardere per decenni.

Sì, perché è difficile, davvero difficile, disamorarsi del pallone. Per quante cose orrende possano succedere: scudetti sfiorati e persi all’ultima giornata, debacle epocali, tradimenti. Ed è ancora più difficile se il primo amore è stato Ronaldo. Che in Italia è arrivato nell’estate 1997. In vetta alle classifiche, un pezzo struggente, “I’ll be missing you” di Puff Daddy, una colonna sonora perfetta, col senno di poi. L’Inter, dopo una trattativa infinita con il Barcellona, paga l’intera clausola rescissoria: 48 miliardi di lire. Altri tempi, ma da qualunque parte la si guardi, sono soldi assolutamente ben spesi.

Ronaldo al Barcellona

Arrivato in Europa nel 1994, al PSV di Eindhoven, dove sostituisce un funambolo, mai abbastanza celebrato come Romario, ne ripercorre simbolicamente i primi passi. Due anni dopo, nel 1996, va a Barcellona. Incanta: 34 reti in una stagione, vince la Coppa di Spagna e la Coppa delle Coppe, finendo secondo in Liga alle spalle del Real Madrid. Alla porta del presidente balugrana, Josep Lluís Núñez, bussano in tanti, anche l’ambiziosa Lazio di Cragnotti. Le trattative, quando il calciomercato non era ancora il Fenomeno mediatico di oggi, riempiono le pagine dei quotidiani sportivi.

Alla fine, la spunta l’Inter, e per i tifosi nerazzurri è come vivere un sogno. Nel primo anno, il Fenomeno è assolutamente all’altezza delle aspettative. Tanto da meritare, alla fine del 1997, il Pallone d’Oro. In Italia, ci mette appena qualche giornata a carburare, ma poi chiude con 25 reti e la Coppa Uefa alzata da assoluto protagonista al Parco dei Principi di Parigi. Contro la Lazio finisce 3-0, e Ronaldo segna un gol da cineteca. Lanciato nello spazio da Moriero, si invola verso la porta, mette a sedere Marchegiani con una tripla finta, e insacca per il 2-0 che chiude la partita.

Ronaldo, Pallone d’Oro, all’Inter

In Campionato, invece, le cose vanno diversamente. L’Inter è in corsa per il primo posto dopo anni di stenti, ma lo scontro diretto contro la capolista Juventus sorride ai bianconeri che, di fatto, chiudono il Campionato. Sul come, le cronache dell’epoca e di oggi non hanno mai lesinato analisi critiche ed una certa dietrologia. Dopo un blocco di Juliano, proprio su Ronaldo, l’Inter si ferma, convinta del fallo da rigore del difensore juventino. Sulla ripartenza, a trovare il penalty, a dir poco dubbio, sono proprio i bianconeri.

Per quanto possa sembrare strano, è l’inizio della fine. Messo in archivio, tra mille polemiche, il Campionato, in Francia si giocano i Mondiali. E Ronaldo, con 4 reti in 6 presenze, trascina il Brasile in finale. Si gioca ancora a Parigi, allo Stade de France, contro i padroni di casa. Che vincono per 3-0 una partita senza storia, in cui il Fenomeno sembra un fantasma, incapace di reagire e di illuminarsi. Il motivo verrà fuori solo in seguito. Il pomeriggio della finale è stato colto da una crisi: 30-40 secondi di convulsioni e la paura, come racconterà una volta tornato in Brasile, “di morire”. Su Ronaldo, si addensano le prime nubi di una carriera, fino a quel momento, perfetta.

Ronaldo ai Mondiali 1998

La stagione successiva, Ronnie scende in campo a singhiozzo (appena 19 presenze e 14 reti), alle prese con continui problemi alle ginocchia. L’Inter, che l’anno prima aveva sfiorato il sogno Scudetto, chiude addirittura all’ottavo posto, ironicamente dietro ad una Juventus disastrosa. Il dramma, però, arriva la stagione successiva. Il 21 novembre 1999, a San Siro contro il Lecce, il Fenomeno si lesiona il tendine rotuleo del ginocchio destro. Tornerà in campo sei mesi dopo, il 12 aprile 2000, nella finale di Coppa Italia contro la Lazio, ma la lesione non è guarita.

Inizia un calvario senza fine, con Ronaldo che starà lontano dal campo per 522 giorni, un anno e mezzo. Rientra a fine 2001, con l’Inter che, dopo il mesto quinto posto del 2001, è di nuovo in corsa per il titolo. Ma la lotta è serrata, la Roma e la Juventus non mollano, si decide tutto all’ultima giornata. Ed è qui che, dopo un’interminabile catena di drammi fisici, si consuma il secondo dramma sportivo della carriera del Fenomeno. Il 5 maggio 2002 all’Olimpico, c’è di fronte la Lazio. Sembra una festa annunciata: la Curva Nord tifa apertamente per i nerazzurri, i biancocelesti non hanno nulla da chiedere ala stagione. E invece, in campo l’Inter si scioglie e si perde. Finisce 4-2 per la Lazio, mentre la Juventus batte l’Udinese 2-0 e si laurea Campione d’Italia, con la Roma seconda, dopo l’1-0 al Torino.

Ronaldo ai Mondiali del 2002

Dallo Scudetto al terzo posto. Le lacrime di Ronnie fanno il giro del mondo, la delusione è tanta: è tempo di cambiare aria. Se ne andrà una notte d’estate, furtivamente, direzione Real Madrid. E già il nuovo contratto sembrano restituirgli forze ed energie, tanto che nel Mondiale di Giappone e Corea torna protagonista. Trascina, di nuovo, il Brasile in finale, e scrive, di sua mano, un finale diverso: batte due volte Kahn e si riprende tutto, a partire dal titolo di giocatore più forte del mondo, sublimato dal Pallone d’Oro a fine anno.

Al Real Madrid Ronaldo vivrà stagioni felici, ma non eccezionali, vince una Liga ed una Coppa Intercontinentale, ma da allora in poi non sarà più, salvo qualche lampo, accecante come sempre, il Fenomeno che ha fatto innamorare un’intera generazione. I tifosi dell’Inter continueranno ad amarlo di un amore amaro, un amore che avrebbe potuto essere ma non è stato. O almeno non fino in fondo. Tutti gli altri, lo ricordano con affetto, campione fragile, tormentato, acciaccato, capace di vincere più Palloni d’Oro che Campionati. Ma sul talento, puro, purissimo, non si discute, e non ce ne vogliano i fan , a volte un po’ idolatri, di CR7 se diciamo che l’unico Ronaldo, è Ronaldo.

Ronaldo al Real Madrid
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Published by
Piermichele Capulli