Roma, l’allenatore Fonseca: “Essere un leader è fondamentale”
L’allenatore della Roma Paulo Fonseca ha rilasciato una lunga intervista al canale YouTube portoghese Quarentena Da Bola in cui stila un primo bilancio della sua esperienza italiana. Il tecnico giallorosso ha parlato del suo modo di giocare, del calcio italiano, della sua crescita e dell’arrivo del tuovo general manager Tiago Pinto. Un anno abbondante con molti alti e bassi, ma che sembra aver portato tanta esperienza che si è concretizzata in risultati di livello in questo inizio di stagione.
Sulla sua crescita personale Fonseca afferma: “La mia evoluzione è stata naturale, ciò che sono oggi è frutto delle esperienze che ho avuto in passato, anche quelle minori. Non sono l’allenatore che ero prima, e ne sono orgoglioso. Non sono neanche l’allenatore che ero l’anno scorso, mi sono evoluto soprattutto a livello tattico: questi anni in Italia sono stati un’esperienza di grande apprendimento.”
Allenare in Italia gli ha anche fatto capire diverse cose sull’approccio tattico alle diverse partite e ad un gioco che non può essere standard: “È difficile definire il nostro modello di gioco, è sempre in costante evoluzione la nostra forma di giocare. Non posso dire che a Roma ho idealizzato un modello di gioco. Quello che avevo in testa quando sono arrivato è molto distante da quello che siamo oggi. Abbiamo imparato dall’esperienza, dalle altre squadre. Idee perfette non esistono, esistono idee che portano risultati e che non portano risultati.”
Sul modo di giocare italiano l’allenatore della Roma Fonseca sfata qualche tabù. “L’immagine che abbiamo del calcio italiano è sbagliata, diciamo che è molto tattico e quindi difensivo. È vero che le squadre sono brave difensivamente ma durante il lockdown ho fatto uno studio e ho verificato che la Serie A assomiglia alla Bundesliga e alla Premier League in quanto a concretezza offensiva. Il rigore difensivo non è associato al fatto che tutte le squadre si difendano basse. Il momento in cui si perde la palla, la transizione difensiva, è un momento importantissimo qui.”
E insieme a questo parla anche dell’Inter di Mourinho: “Abbiamo un’immagine del calcio italiano come un calcio molto tattico e la realtà è che lo è. Ogni partita è una storia diversa, tutti i club cambiano modulo e sono molto ben organizzate difensivamente. Questo mi aiuta a capire come l’Inter di Mourinho abbia vinto. Sono sempre stato ossessionato dal possesso palla, qui ho imparato ad apprezzare altri momenti come la transizione offensiva. Siamo moderni e ci dobbiamo adattare.”
Nell’intervista tratta anche della leadership dell’allenatore. “La capacità di essere leader è fondamentale per un allenatore. Ormai si gioca ogni tre giorni e abbiamo sempre meno tempo per allenarci. Per questo motivare e influenzare i giocatori è diventato sempre più importante nel costruire una carriera di successo per un allenatore.”
Fonseca poi approfondisce il suo stile di gioco e sottolinea l’importanza dell’approccio appena arrivato. “Essere offensivi è la cosa fondamentale che ci interessa. Penso sia entusiasmante avere una squadra offensiva, una squadra che sa segnare.” E aggiunge: “La cosa più importante all’inizio è il modo in cui presentiamo la nostra proposta di gioco. E le prime settimane sono le più critiche: se i giocatori hanno dubbi da subito diventa difficile poi recuperare e convincerli”.
E quando gli viene chiesto qualche commento sulla figura del nuovo direttore sportivo Fonseca risponde con gioia. “Per me la figura del direttore sportivo è fondamentale. Non ho avuto ancora il privilegio di parlare con Tiago Pinto, di parlare con lui ma sono ovviamente contento. Ma ho soprattutto capito che è un grande professionista, in tanti me lo hanno confermato, tante persone che hanno lavorato con lui ne danno un giudizio positivo. Sono felice che sarà alla Roma e penso che il presidente e i nuovi proprietari abbiano preso una decisione giusta nel momento in cui è stato scelto”.
Infine poche parole sul derby con la Lazio: “Preparare un derby per me è la stessa cosa che preparare una partita con Napoli o Sassuolo. Quello che cambia è come lo vivono le persone all’esterno del centro sportivo e anche i giocatori lo sentono.”