Il problema non sembra di facile risoluzione. Chi ha ospitato le partite ne è diventato consapevole e attende che anche chi si appresterà a debuttare in casa e aprire, quindi, lo stadio ai propri tifosi.
Il ritorno dei tifosi negli stadi è stato accolto, giustamente, con grande entusiasmo da giocatori e allenatori, ma le testimonianze, riportate dal Corriere della Sera, che sono arrivate un po’ da tutti i campi hanno certificato come la stragrande maggioranza del pubblico non abbia rispettato le regole di distanziamento né indossato la mascherina durante le partita.
È un problema che crea imbarazzo ai club, perché fa passare il messaggio che il calcio sia considerato zona franca. Imbarazzo acuito anche dal fatto che, invece, ai concerti si debba stare seduti e con la mascherina senza neanche la possibilità di alzarsi sul proprio posto. Come era successo con i festeggiamenti nelle piazze per il campionato europeo vinto dall’Italia. Il calcio, per quanto sia spinto dalla forza popolare, non può essere l’eccezione mentre altri settori continuano a rimanere a terra per via delle normative giustissime ma che, proprio essendo giuste, devono essere rispettate da tutti. Il pensiero di tutte le società di calcio è unanime: “Noi mettiamo gli steward, ma non possono certo sostituire le forze dell’ordine“.
Domenica sera all’Olimpico per Roma-Fiorentina erano in servizio 500 steward, un numero considerato più che congruo rispetto ai 28mila spettatori presenti sugli spalti ma l’ipotesi di aumentare la sicurezza siamo sicuri possa essere la soluzione o comunque essere efficace per rimediare al problema?
Stesso discorso per i 1.500 tifosi della Lazio che sono andati in trasferta ad Empoli. Anche in questo caso il numero degli steward era congruo ma non si è riusciti a far sì che tutti osservassero il regolamento dentro lo stadio. I club fanno notare che chi rispetta le regola fuori dallo stadio lo farà anche all’interno, chi non le rispetta continuerà a trasgredire. È un problema di senso civico dei tifosi/cittadini e non può essere risolto dalla Roma o dalla Lazio.
Caos ai tornelli e la difficoltà per le forze dell’ordine di gestire la situazione già prima che ai tifosi sia concesso di entrare allo stadio. Qualcuno resta fuori perché non munito di Green Pass oppure chi lo ha stampato ma nello zaino il foglio si è sgualcito e la macchinetta non brilla di luce verde. Su Il Mattino, il racconto dei 18 mila tifosi azzurri pronti a tornare allo stadio Maradona è incontenibile e viene così impensabile fare i controlli uno ad uno. Poi all’interno dello stadio tutti ammucchiati in Curva B ad intonare cori verso il loro capitano, Insigne.
La situazione vissuta a Roma e Napoli è stata vissuta anche in tutti gli altri campi e occorre al più presto capire come arrestare il rischio di contagio. La voglia di tornare alla normalità è comprensibile, la voglia di abbracciarsi ai goal dei propri beniamini e di soffrire quando la squadra si trova in difficoltà è parte dell’esperienza allo stadio ma bisogna essere consapevoli che il rischio di contagio c’è e se, per tutti i settori, è stato imposto un regolamento non uno, ma più motivi ci saranno.