Marcus Rashford, quando l’umanità ha un prezzo da pagare
Marcus Rashford, 23 anni compiuti il 31 ottobre. Si sentirà parlare a lungo di questo ragazzo, non solo per le immense qualità che è in grado di palesare su un campo da calcio ma, anche e soprattutto, per le giocate fuori dal rettangolo verde. Top player tra le mura dell’Old Trafford, top man nei meandri della quotidianità britannica. Un giocatore in grado di realizzare, almeno una rete, in tutte le competizioni ufficiali in cui ha esordito. Lo stesso giocatore in grado, a 18 anni, di infrangere il record di precocità appartenente ad un certo George Best, segnando il primo gol nelle competizioni europee a 18 anni e 117 giorni. Marcus Rashford, un ragazzo che ad appena 22 anni, è stato insignito dell’Honoris Doctorate dall’Università di Manchester, massimo riconoscimento riservato a chi si distingue per l’impegno nel sociale.
Rashford, durante il primo lockdown, si era reso protagonista di una singolare, quanto onorevole, battaglia a favore dei bambini poveri del paese. Infatti, dati i forti squilibri economici causati dalla pandemia, il premier Boris Johnson, malauguratamente, aveva deciso di tagliare gli aiuti economici dedicati ai pasti scolastici gratuiti. Tramite una raccolta fondi organizzata con l’associazione Fareshare, seguita da una lettera indirizzata al parlamento inglese, Rashford riuscì a salvare l’assistenza sociale verso 1,3 milioni di studenti.
Rashford nel club delle leggende d’umanità
L’impegno sociale di Rashford, non si discosta da quello di numerosi atleti, da sempre in prima linea per tendere una mano verso gli umili. Come non citare Lebron James, fautore di una vasta campagna di formazione, per fornire accesso gratuito all’università per più di 1000 ragazzi. Impossibile dimenticare Roger Federer che, nel 2017, tramite la sua fondazione impegnata nell’istruzione dei bambini africani, toccò i 30 milioni di investimento. Che dire del sette volte campione del mondo Lewis Hamilton, donatore ad inizio del 2020 di mezzo milione di dollari, a favore delle zone australiane devastate dai roghi. E ce ne sono tanti altri.
Le origini non si dimenticano
Tuttavia, la via della sensibilità ha un prezzo da pagare. Perché se giochi in Premier League, si deve essere consapevoli di chi si è, e di chi si vorrà essere. Ancor più importante, però, è essere consapevoli di chi si è stati. Umili, tra gli umili. Non lo dimentica Rashford che, inoltre, non dimentica l’odore del quartiere di Northern Moor. Il grigio ad avvolgere le prime luci dell’alba, flebili nell’illuminare il flusso di operai diretti verso l’area industriale di Stockport. Lui che, come raccontato in un’intervista dalla madre, guardava con passione ed umanità a chi aveva meno, fin da quando non aveva nulla. Emblematico l’aneddoto raccontato dallo stesso Rashford, di come chiedesse un biscotto in più ad un amico stretto, per essere sicuro di mangiare anche il giorno successivo.
Il prezzo da pagare
Rashford conosce il valore dell’assistenza sociale, sottovalutato, talvolta snobbato. Ma ora la questione muta. Rashford guadagna circa 12 milioni di sterline allo United. L’inglese è uno dei testimonial della Nike che, chiaramente, gli accredita altre 400 mila sterline all’anno. Ed è così che Rashford, agli occhi di vasta parte della vox populi, perde di diritto il patentino della beneficenza. L’umanità logora chi non ce l’ha. E tu, uomo ricco: se vuoi aiutare i poveri, devi essere povero come loro. Accade quindi che Marcus Rashford, oltre ad essere veicolo di solidarietà tra i ceti sociali, diventa lo strumento dello scontro politico e, delle correnti ad esso connesse. Il Daily Mail, provocatoriamente, sminuisce l’impegno sociale di Rashford, elencando le ricche proprietà del centravanti, in un articolo intitolato “L’impero della case di Marcus”. La controparte politica, rappresentata giornalisticamente dal Guardian, si schiera a sua difesa. E così, la candida mano dell’uomo benevolo, si infanga nella palude della propaganda politica, e dell’abbattimento ideologico verso la sensibilità. Sul web è nato anche un movimento noto come Stop Rashford. Per ribadire il concetto: è il prezzo da pagare. La tassa da versare a chi vive di irrefrenabili impulsi di avversione. A chi vive di miseri e limitati orizzonti, dimenticando che senza umanità, non esisterebbe il mondo. A chi, probabilmente, si infervora nel vedere un calciatore rendersi più efficace, rispetto a quel bravo signore, in giacca e cravatta, che gli ha promesso la felicità in cambio di un quieto consenso elettorale. E allora che Rashford continui a segnare e infrangere record, in campo come nella vita. Contro tutto e tutti. Al di fuori di tutto, e al servizio di tutti. God save human hearts.