Qui c’entra poco Perrault, ma il “gatto” Spalletti avrà i suoi stivali…
Silenzi assordanti. Bocche cucite e parole non dette. O almeno mai chiarite fino in fondo. La fine del rapporto tra il Napoli e Luciano Spalletti è stata ufficializzata ieri sera direttamente da Aurelio De Laurentiis. In diretta tv (da Fazio). Il presidente ha raccontato motivi e retroscena della separazione dall’allenatore che ha guidato la squadra al terzo scudetto.
Qui c’entra poco Perrault, ma il “gatto” Spalletti avrà i suoi stivali…
Solo per te. Sarò con te. Gli slogan di Spalletti si consumano dal suo avvento all’ombra del Vesuvio. Napoletanità in barba alle napoletanerie più ampollose. Timoniere di una squadra artefice del proprio destino, rispetto a un multiverso complesso e sfaccettato che ama dividersi su ogni cosa. Luciano ha messo d’accordo tutti. Amato in maniera universale ed inesauribile, tanto da rimanerne scarico. Non c’è bisogno di “ali”, ma di “stivali”. Per ripartire, riposare, rigenerarsi.
“Non ci vogliono un paio d’ali ma un paio di stivali. Non ho da volare da nessuna parte io”, ha tuonato qualche settimana fa in merito alle dichiarazioni criptiche del patron. L’allenatore contadino, e non crediamo che Spalletti si offenda. Toscano di campagna, Spalletti è proprietario di due tenute terriere, due “fattorie” vere, ettari in cui si semina e si raccoglie, si imbottigliano vino e olio e si allevano animali, una a Montaione e l’altra a Montespertoli, sulle colline attorno ad Empoli. Questa è anche la dimostrazione che la fiaba è in grado di portarci là, in quelle profondità dove spesso è difficile arrivare per altre vie.
Un uomo semplice con aspirazioni elevatissime. Disposto a tutto pur di andare dritto per la sua strada. A costo di farsi male. È successo a ogni latitudine, anche a Napoli, dove prima gli rubavano la Panda e ora lo vogliono santo. Subito. Il ritardo è stato “scusato”, l’importante è che Spalletti abbia ottenuto quel che merita, un titolo di primo livello che lo consegna alla storia vera. Spalletti ha vinto due campionati e coppe in Russia, Coppe Italia e Supercoppe alla Roma, ma lo scudetto lo eleverà nel circolo dei grandi.
Un allenatore preparatissimo e sempre stato capace di produrre cose utili e talvolta in grado di esaltare rose non sempre all’altezza della situazione, sempre massacrato alla prima occasione utile da stampa e tifosotti (sicuramente aizzati) a testimonianza del crescente degrado del movimento calcistico nazionale, oggi protagonista “semplicemente” di un’annata perfetta in un contesto dove è evidente che ci sia grande sinergia. Napoli resta sulla pelle, sarà cittadino onorario (verrà onorato di questo “premio” per lo scudetto riportato in città dopo 33 anni), Napoli rimarrà sempre nei suoi ricordi più belli, Napoli lo “perdonerà” per questa sua dimostrazione (ulteriore) d’amore. Luciano è stato direttore d’orchestra di un gruppo meraviglioso, in una sorta di luna park della narrazione. La città, i tifosi, capiranno. Ha saputo aspettare il suo momento, se lo merita. Come merita questo “riposo”.