Qatar 2022, la mistica dell’Argentina e scusaci tanto Leo
Il Mondiale di Qatar 2022 ha avuto il suo epilogo. Un epilogo straordinario e memorabile e che rimarrà nei cuori e nelle menti di tutti gli appassionati di calcio. Ha vinto l’Argentina, che in una finale letteralmente drammatica ha battuto la Francia ai calci di rigore.
Qatar 2022, l’Argentina tra magia, sogno e Messi, che si merita le scuse di tutti
Guardandoci indietro ad un mese fa a quando ancora questo Mondiale doveva iniziare, bookmakers ed esperti di pronostici avevano già pronta una sceneggiatura per questa edizione. “La finale sarà Francia-Brasile, il 18 dicembre se la giocheranno Neymar e Mbappé”.
Una riflessione più che giusta perché sia i verdeoro che i Campioni del Mondo uscenti erano le squadre nettamente più forti del Mondiale, per un insieme di talento, classe, profondità della rosa ed esperienza.
L’Argentina veniva invece messa nel lotto delle “altre”. Un’immaginaria urna che comprendeva l’Inghilterra, la Germania, la Spagna, il Portogallo e l’Olanda. Insomma di quelle che: “Si può vincere, ma boh forse no. Non penso”.
E a vedere i convocati del CT Scaloni qualche dubbio poteva anche venire. Lionel Messi era la punta di diamante e il centro di tutto, ma attorno a lui compagni che per la prima volta o quasi dovevano misurarsi in un evento così importante.
L’Albiceleste non è certamente arrivata in Qatar senza carte da giocarsi o credenziali. Un girone di qualificazione condotto a braccetto col Brasile e il valore della Copa America vinta un’estate fa, raccontavano una squadra con del potenziale ma anche molto contraddittoria.
A credere in questa Seleccion erano soprattutto e come sempre gli argentini, che per passione e commistione reale tra il calcio e la vita sono probabilmente i tifosi più pazzi del pianeta.
E anche per quest’anno il Paese Argentina ha voluto, anzi dovuto avvolgere nel magico e nell’inspiegabile la propria Nazionale calcistica. Un esempio? A rivedere oggi l’ormai famoso spot della birra Quilmes sulle coincidenze Mondiali tra il 1986 e il 2022 viene davvero da spaventarsi per la forza profetica che ne viene fuori. Come se gli argentini sapessero dare sostanza e materialità alla loro mistica.
Non solo le coincidenze, i pianeti del calcio prima del libro Mondiale avevano già scritto un loro prologo. L’ultimo torneo di Messi, la cadenza a poco più di due anni dalla morte di Maradona e primo Mondiale dell’Argentina senza il suo numero 10 più iconico.
E l’impressione che si è avuta e che davvero abbiamo vissuto (anche indirettamente e anche per chi ci crede poco o nulla) qualcosa di diverso nell’assistere alla vittoria dell’Argentina e della sua terza stella.
La magia, la mistica e la cabala dei sudamericani non erano certamente assicurazione di vittoria, perché poi in campo ci devi andare con le gambe e non con il soprannaturale. E come ogni lieto fine, l’inizio può anche essere infernale.
Prima partita e KO clamoroso contro l’Arabia Saudita, in un match assurdo nello svolgimento dove i sauditi approfittano di un blackout argentino della durata di cinque minuti.
Nubi e tempesta e la prospettiva reale di essere subito eliminati. Il match successivo col Messico è tiratissimo e brutto. E torniamo all’inizio di tutto: Cosa è il gol di Messi se non un intervento filosofico dal significato “Non è ancora la nostra ora?”.
Quel gol ha un’importanza capitale e sblocca una squadra che stava buttando all’aria gli incantesimi di un paese intero già nella fase a gironi. Gli ottavi con l’Australia sono solo una pausa da un altro capitolo ultra terreno dell’avventura Mondiale dell’Albiceleste.
I pazzeschi quarti di finale contro l’Olanda: Come si possono definire in altro modo? Avanti 2-0, ripresi 2-2 al minuto 111 (dei regolamentari!). Una mazzata terribile, ma possono essere gli Oranje a fermare il potere d una storia che si deve compiere? No, e allora ai rigori si passa.
La semifinale con la Croazia è la classica calma prima dell’atto finale. Una partita gestita e finita dopo mezzora. É davvero l’Argentina che ha vinto così?.
Infine ieri, dove si è detto tutto: l’ultima occasione di Messi, ora o mai più. Lo scontro generazionale col compagno di club Mbappé. Poteva essere una finale normale? No perché l’Argentina è sia la benedizione che la maledizione di sé stessa. Un primo tempo stellare chiuso sul 2-0. Un trionfo calmo!.
Un minuto (solo un minuto) di umanità in ottanta di perfezione di gioco ed intensità e ritorna l’Inferno. Doppietta del pericolo numero 1 Mbappé, e che molto spiega del cinismo quasi luciferino della Francia in questo Mondiale e che per poco non stava per scrivere un finale alternativo.
Si accetta la lotta e si va ai supplementari: minuto 108 l’uomo del destino Messi si riprende il sogno, mandando quanto basta il pallone oltre la linea. Potremmo discutere che il gol più importante della Pulce in questo Mondiale sia quello più sporco e brutto, ma è tutto coerente con la narrazione che abbiamo vissuto.
Finalmente! Ancora no, perché per raggiungere il Paradiso, la sfida finale è affrontare l’altra metà di te stesso. E questa specifica metà ha una maglia Blu, indossa la 10 come te e fa una tripletta nella Finale Mondiale che ti spedisce nel girone dantesco dei rigori.
Quei 3-4 minuti in cui è durata la lotteria dagli 11 metri è successo il più grosso dei paradossi. Gli argentini sono sembrati svuotati, forse totalmente assorbiti e travolti in quell’universo di magie, credenze e superstizioni che li hanno supportati e che poteva affondarli.
Tutto meno che la tecnica, tutto meno che la freddezza di Montiel o la parata di Emiliano Martinez. L’Albiceleste è stata spinta anche da qualcos’altro, soprattutto da qualcos’altro che forse non è stato vedibile agli occhi. A noi tutti capire cosa era a distanza di tempo, se ne saremo in grado.
P.S: scusaci tanto Leo. Non deve essere stato facile per te vivere una vita all’ombra di qualcuno, perennemente sminuito e paragonato in difetto. A fare più male è che a giudicarti non era nemmeno lui (che ti voleva un mondo di bene e ti aveva designato come suo erede), ma tutti gli altri che da 15 anni hanno marchiato la tua vita calcistica come non abbastanza. Ora che hai compiuto la tua missione, che hai vinto quello che gli altri ti dicevano di vincere anche se non avevi un obbligo verso nessuno (forse solo con Diego), ti dobbiamo solo dire scusa.