Nel discorso della conferenza stampa di apertura di Qatar 2022 il presidente della Fifa, Gianni Infantino ha tenuto il classico discorso di rito pre Mondiale. Non è mancata la domanda sulla tutela dei diritti umani dove Infantino ha voluto rispondere con un sonoro messaggio:
«Oggi ho belle sensazioni. Mi sento Qatari, africano, arabo, migrante, gay. Sono un figlio di lavoratori migranti. I miei genitori hanno lavorato molto duramente e in difficili condizioni. Ricordo come gli immigrati venivano trattati alle frontiere, quando volevano le cure mediche. Quando sono diventato presidente della Fifa, ho voluto vedere qui le sistemazioni dei lavoratori stranieri e sono tornato alla mia infanzia. Ma come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà per il Qatar.»
Infantino è tornato alla sua storia personale di bambino, figlio di italiani emigrati, che si erano conosciuti alla stazione di Briga, dove entrambi lavoravano:
«Naturalmente io non sono Qatariota, arabo, migrante, gay, disabile. Ma so che cosa voglia dire essere discriminato, so che cosa vuole dire essere straniero in un Paese straniero. Da bambino mi bullizzavano perché avevo i capelli rossi, perché ero italiano e non parlavo bene il tedesco. Ma tu accetti la sfida, provi a farti degli amici, nuovi contatti, non rispondi all’insulto con l’insulto. Oggi sono orgoglioso della Fifa, di questo marchio sulla giacca, di questo Mondiale, che sarà un bellissimo evento, il più bello che ci sia mai stato».
«Sono venuto qui sei anni fa e ho iniziato a occuparmi dei problemi dei lavoratori, a partire dallo stanziamento delle compensazioni per gli incidenti sul lavoro”. Infantino ha difeso il ruolo del governo qatarino, sottolineando le incongruenze della politica dei Paesi europei sul fronte dell’immigrazione: “Se facciamo due passi indietro, il Qatar offre possibilità a centinaia di migliaia di immigrati e lo fa in maniera legale. Noi in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali: quante persone muoiono cercando di entrare in Europa. L’Europa dovrebbe fare come il Qatar, creare condizioni legali per i lavoratori stranieri. Certo, le riforme hanno bisogno di tempo, di anni e anni. Ma chi è qui in Qatar, da lavoratore straniero, lo è in maniera legale e ha tutta l’assistenza, anche sanitaria. In Qatar ognuno è benvenuto di qualunque religione, di qualunque orientamento sessuale sia. Il Mondiale è una straordinaria occasioni di avvicinare il mondo occidentale al mondo arabo. Abbiamo una storia diversa, veniamo da culture diverse, ma facciamo parte dello stesso mondo.»