Qatar 2022, impatto zero sui diritti umani: la bugia ecosostenibile del Mondiale
Il momento è Qatar…tico. Il Mondiale comincia con tante perplessità, magari il colpevole ritardo resta il fattore più determinate: quel che conta – ad oggi – è che molti si stanno rendendo conto di tutto quello che non torna nell’organizzazione di questo Campionato del Mondo. Il problema dei diritti umani resta preponderante, perchè la situazione in Qatar non solo vacilla, ma presenta ferite profonde. Il punto non è esclusivamente il lavoro nero e lo sfruttamento ai limiti dell’umano dei lavoratori, ma è anche e soprattutto l’intolleranza ferrea verso la diversità di genere.
Le frasi contro gli omosessuali in primis, sommate a tutta una serie di ristrettezze a cui dovranno sottostare gli atleti rende questa manifestazione sgradevole sul piano del vissuto. Al punto che Blatter – anche qui con colpevole ritardo – arriva a dire che scegliere il Qatar per il Mondiale sia stato un “azzardo”. Una excusatio non petita, piuttosto patita da tutte quelle persone che cercano di far luce sugli scheletri nell’armadio di questa manifestazione. Numerosi sono i giornalisti, sportivi e non, finiti in carcere per aver indagato sulla situazione. Chiedere a Halvor Ekelan e Lokman Ghorbani, giornalisti della tv di Stato norvegese che hanno svolto il proprio lavoro dalle parti di Doha.
Qatar 2022, falsa partenza: il Mondiale dei dubbi
Un’inchiesta durata più di un anno che mette in luce le criticità di questa manifestazione su qualsiasi piano: una vera e propria cartina tornasole delle barbarie attorno a qualcosa che dovrebbe unire invece divide non solo sul piano della tolleranza. Codice non scritto: quello del silenzio. Nessuno deve sapere, altrimenti carcere duro. Esattamente com’è successo a loro. Anche per questo, infatti, gli attuali corrispondenti dal Qatar fanno sempre le stesse domande, con il timore che siano quelle sbagliate.
Jacopo Cecconi, giornalista del TG3, ha fatto vedere come le persone – a Doha – schivano le telecamere perché sanno benissimo di essere sfruttati. Appena provano a dire qualcosa in più sulla situazione contrattuale o quello che vivono al cospetto di quest’evento sotto gli occhi del mondo cambiano direzione: “Non possiamo parlare adesso, c’è troppa gente”. Le dichiarazioni durante il servizio sono inequivocabili. Un clima davvero insostenibile.
Impatto zero: la bugia diventa green
A tal proposito, invece, si consuma l’altra bugia parallela di questo torneo: quella dell’ecosostenibilità. Stadi a impatto zero, svolta green promessa da Infantino e Al Khater, presenza costante di desalinizzatori per cristallizzare l’acqua e ridurre le emissioni di Co2. Peccato che, secondo le recenti stime, riportate da un’inchiesta di Irpimedia, sottolineano come tutto questo non sia in realtà un castello di carte per gestire un giro d’affari milionario.
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Intanto le emissioni nell’ultimo rapporto ambientale specifico toccano quota 3,6 milioni di tonnellate di gas serra rilasciate nell’atmosfera a causa dei lavori fatti in tempo record per mettere a nuovo il Paese ospitante. Non solo: tra queste emissioni, 893mila sarebbero generate dalla costruzione di strutture permanenti. Cifra che impatterebbe per il 25% sul totale delle emissioni: significa che, a Mondiale concluso, le conseguenze di tutto questo – insieme allo smantellamento delle strutture che porterà altri problemi – non le paga solo il Qatar. I punti interrogativi sul Mondiale non si chiuderanno al triplice fischio.