Premio del Presidente UEFA, Sacchi: “Venivo visto come uno che…”

Premio del Presidente UEFA, Sacchi: “Venivo visto come uno che…”

(Photo by ANTHONY LUCAS/AFP via Getty Images)

L’ex allenatore del Milan e della Nazionale italiana, Arrigo Sacchi, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui ha parlato del Premio del Presidente UEFA che gli sarà assegnato oggi. Ecco le sue dichiarazioni, estratte dalle pagine della Rosea.

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Premio del Presidente UEFA, le parole di Arrigo Sacchi

Veniva visto come una figura soprannaturale?
“Soprannaturale forse no, però in effetti ero visto come uno che veniva dalla Luna… Non facevo parte del gruppo, avevo giocato fino alla quarta serie e smesso a diciannove anni. Non ero del clan”. 

Sul Milan
Al Milan per la prima volta trovai campioni. Io volevo gente non affermata. Furono diffidenti, ma bravissimi, non prevenuti. Al Rimini furono prevenuti. Parlando dei candidati a quella panchina, un giornalista elencò gli allenatori e, dopo Sacchi, aggiunse “non facciamo certi nomi”…”. 

Su Ancelotti
“Carlo è una persona straordinaria e io ho sempre guardato alla persona. Dissi a Berlusconi: “Se me lo prende vinciamo il campionato”. Era perplesso, Ancelotti aveva problemi serissimi alle ginocchia. Galliani fu mio complice, una notte mi telefonò e disse: “Con la Roma è tutto fatto, ora però convinci il presidente”. Sapevo che Berlusconi non dormiva e lo chiamai all’una e mezzo di notte. Convinto”. 

Quali sono state le sue maggiori ispirazioni
“Da bambino persi la testa per il Brasile. Poi venne il Real Madrid delle cinque Coppe Campioni di Kopa, Di Stefano, Puskas, Gento. Infine, il calcio olandese. Noi italiani, al massimo, abbiamo insegnato l’attenzione, la concentrazione, perché non giocavamo mai in un undici. Sempre un difensore in più del numero di attaccanti rivali. Eravamo fortissimi nei contropiede, ma dopo 80 metri si arrivava stanchi morti. E se le ripartenze fossero cominciate più avanti, nella metà campo avversaria, non sarebbe stato più facile?”. 

Quali allenatori di oggi la convincono?
“Ma tanti. Sarri, Gasperini, alcuni giovani, Italiano, De Zerbi anche se gli manca la fase difensiva che è una proiezione di quella offensiva. Conte: mi ha detto che ha copiato tutti gli esercizi che faceva con me. Uno che dà la vita e studia: per questo è un vincente, con un po’ di coraggio in più farà grandissime cose. E Ancelotti naturalmente: ha vissuto tanti tipi di calcio e ha fatto tesoro di tutti”. 

Su Pioli
“Stefano è sulla strada giusta. Deve scordarsi il tatticismo. Deve dare uno stile da Milan, riconoscibile. Una volta Gullit mi disse: “Mister, ma se non riusciamo a segnare perché negli ultimi dieci minuti non lanciamo palloni alti in area come tutti?”. Gli risposi: “Perché se per caso facciamo gol poi non giocheremo così solo per dieci minuti…”. 

Chi potrebbe essere il suo erede?
“Ci sono grandi allenatori, Tuchel, Klopp, Guardiola, e le rivoluzioni sono ogni vent’anni. L’Olanda nei Settanta, noi nei Novanta, Guardiola con il Barcellona nel 2010, ma ultimamente anche lui oggi inventa di meno. Devi avere il coraggio di cambiare dopo quattro anni, mentre vinci: vede che anche il Liverpool non si ritrova? Il rischio è cadere nella trappola del successo come forse la Nazionale dopo l’Europeo: ti senti il più forte e…”.