Pirlo si racconta: “La prima Champions non si scorda mai, “Maestro”? Il mio è Baggio”

(Photo by Getty Images)

Andrea Pirlo ha parlato di diversi aspetti della sua carriera da calciatore al “Festival dello Sport” di Trento.

Intervistato nel corso del “Festival dello Sport” di Trento, Andrea Pirlo ha parlato a tutto tondo di alcuni aspetti focali della sua carriera da calciatore, spaziando dai grandi successi ottenuti al Milan fino alla finale persa alla Juventus contro il Barcellona. Ecco un estratto delle sue dichiarazioni, raccolte da TMW.

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Pirlo si racconta al Festival dello Sport di Trento: le sue dichiarazioni

Sul soprannome “Maestro”
“In tutto il mondo mi chiamano in quel modo. Il mio maestro è stato Roberto Baggio, un vero e proprio idolo per me, con cui ho avuto la fortuna e l’onore di giocare. Anche Mazzone è stato un maestro per me, perché è stato colui che mi ha messo in mezzo al campo: diceva sempre che ero il suo Falcao. Non posso poi non menzionare Ancelotti, con cui ho vinto tutto al Milan, e Trapattoni, che per primo mi ha convocato in Nazionale”.

Il passaggio dal Milan alla Juventus
“Con il Milan ho avuto un grande rapporto, ma ad un certo punto nella vita bisogna fare delle scelte, e dopo dieci anni avevo bisogno di nuove motivazioni. Volevo inoltre dimostrare al Milan che potevo ancora incidere e che non ero un giocatore finito. Il tempo mi ha dato ragione, visto quanto successo poi alla Juventus. Agnelli mi illustrò il progetto di una squadra che voleva tornare a vincere. Con Allegri ebbi un rapporto normale, nonostante si scrivesse di tutto in quel periodo. Abbiamo vissuto due anni insieme, uno al Milan e l’altro alla Juve: me ne andai perché non volevo essere un peso per nessuno, io ero un giocatore che voleva giocare sempre”. 

Il ricordo piu bello da calciatore
“La prima Champions con il Milan è stata un’emozione incredibile. Era la prima volta che giocavo quella competizione, e fu un percorso lunghissimo, iniziato nei preliminari. La prima Champions non si scorda mai: eravamo un gruppo staordinario, il segreto di quel Milan era proprio quello. Amavamo la quotidianità di Milanello”.