Abituati come siamo al retropensiero, al complotto, al secondo fine, facciamo sempre più difficoltà ad accettare i fatti nella loro linearità. E allora, anche nel calcio, che di difetti ne ha a non finire, cerchiamo gli stessi limiti che valgono, ad esempio, per la pubblica amministrazione o la politica. A cominciare da quel vizio antico che si chiama raccomandazione. Spesso a braccetto con il nepotismo. Finendo per chiederci come mai Federico Chiesa sia arrivato fin lì, o perché ad Andrea Pirlo sia stata affidata la panchina della Juventus.
Domande che, nei decenni passati, neanche il più complottista degli osservatori si sarebbe mai azzardato a porre su Paolo Maldini o Sandro Mazzola, figli d’arte. Capaci, entrambi, seppure in epoche diverse, di superare abbondantemente i padri. Esattamente come sta facendo, in tono sin qui minore, Federico Chiesa, che all’età in cui il papà Enrico giocava in Serie B con il Modena, veste la maglia della Juventus. Quella stessa Juventus guidata, dopo un anno di Sarri, da Andrea Pirlo.
Allenatore alle prime armi, considerato dalla dirigenza bianconera un predestinato, vive sulle pagine dei giornali e dei social uno strano dualismo con il suo predecessore. Maurizio Sarri è in effetti l’emblema dell’allenatore che si è fatto da sé, partito da lontano ed emerso con la forze delle idee e dei risultati. L’ex centrocampista, invece, non ha mai seduto prima su una panchina, ma sin dal giorno della sua ufficializzazione giornali e addetti ai lavori lo hanno accolto come un Messia.
Raccomandato? No, affatto. Di sicuro, vivere una carriera ad alti livelli schiude porte a molti precluse. Ma può diventare un demerito, o addirittura una colpa? Il calcio, a certi livelli, è una sorta di circolo d’élite, per pochi intimi, ma con le sue regole. A volte crudeli. È vero che costruire buoni rapporti, specie per un allenatore, può rivelarsi fondamentale. Come, per un giocatore, poter contare su un procuratore senza scrupoli. Ma alla fine, conta solo il campo. Da qualunque lato si guardi: risultato o bel gioco, il campo è insindacabile.
E lo sa bene, senza andare troppo lontani, Gennaro Gattuso, che con Pirlo ha condiviso lo spogliatoio ed il centrocampo del Milan. Partito dal Sion, passato per il Pisa e arrivato al Milan nel 2018, ha subito la bocciatura della società rossonera ed il bruciante esonero del 2019. Eppure, il suo lavoro non è passato inosservato, e pochi mesi dopo il Napoli di De Laurentiis lo ha scelto per il dopo Ancelotti. A proposito, Don Carlo, anche lui, appesi gli scarpini al chiodo nel 1992 si è ritrovato a fare il vice di Arrigo Sacchi sulla panchina della Nazionale. Le tre Champions League vinte da allenatore dovrebbero bastare a sopire ogni dubbio. Cosa ne sarà di Andrea Pirlo? Solo il campo potrà dirlo, ma non si arriva sulla panchina di un club che fattura 570 milioni di euro l’anno per una raccomandazione…