Esiste un giocattolo che ha scandito le ore ludiche dei bambini di ogni generazione, in ogni angolo sperduto del mondo.
Un attrezzo semplice, composto da due coppette unite da un asse centrale e un cordino di cotone avvolto attorno all’asse.
Un apparente moto perpetuo che, grazie alla complicità dell’energia cinetica rotazionale e traslazionale, permette alle coppette di sciogliersi e riavvolgersi di continuo.
Lo Jo-Jo.
Se poi le tue movenze sul rettangolo verde ricordano nitidamente l’up an down del gioco appena descritto, l’identità delle iniziali del tuo cognome non può essere frutto del caso.
Stevan Jovetić, in arte Jo-Jo
Il montenegrino è un bambino precoce.
11 anni, bagaglio tecnico ricco e ingombrante. Gli osservatori delle squadre giovanili slave compilano report interminabili sulle sue qualità.
Chi vuole scommettere sulla sua crescita deve fare in fretta. La fila davanti la sede del club della sua città natale, il Mladost Podgoriça, è chilometrica.
Stevan è troppo giovane per sentire il peso di chi gli ha messo gli occhi addosso, il pallone è una passione pura, incontaminata.
Divora, letteralmente, i video dei suoi maestri putativi, il connazionale Mirko Vucinic e l’Angelo Biondo Shevchenko.
Il Partizan di Belgrado fa sul serio. A 14 anni Jovetić lascia la famiglia, gli amici e l’infanzia per diventare qualcuno.
La trafila nelle giovanili è fulminea. Un paio di stagioni e per il montenegrino è già tempo di esordire in prima squadra.
Il sesto giocatore più giovane in assoluto a fare capolino nel campionato dei “grandi”.
Fantasista, seconda punta. Un mix di tutto ciò. Classe da vendere in perenne movimento.
Capacità di eseguire dribbling, ad alto coefficiente di difficoltà, in piena corsa, modo atipico di calciare in porta, anticipando due-tre tempi di gioco per sorprendere il portiere, palla incollata al piede destro.
25 reti alla sua prima stagione da professionista.
Inserito nella lista dei migliori 20 prospetti mondiali. I grandi club europei accendono i fari sul diciassettenne Jo-Jo dai ricci ribelli.
Alex Ferguson resta impressionato dal talento finissimo del montenegrino ed è pronto ad abbracciarlo sulla sponda reds di Manchester. Chi meglio di lui per far brillare un diamante grezzo?
Le esperienze di Beckham e Cristiano Ronaldo insegnano.
Il Partizan, tuttavia, è bottega cara. Stevan viene valutato non meno di dieci milioni. Il manager dello United tentenna, Jovetić, del resto, non è ancora maggiorenne.
L’empasse favorisce l’intuito di Pantaleo Corvino che brucia la concorrenza e convince Jo-Jo a trasferirsi a Firenze.
Un colpaccio
Le cinque stagioni in riva all’Arno completeranno la maturazione di Stevan che diventerà un perno insostituibile della squadra viola, in Italia e in Europa.
Mattatore della Champions League viola nel 2009-2010 con cinque reti e le due doppiette nientepopodimenoche al Bayern Monaco ed al Liverpool, Jovetić si troverà costretto a dribblare i paragoni pesanti del tifo fiorentino.
Roberto Baggio è un mostro sacro, l’accostamento è scomodo per chiunque, anche per le eccellenze come il montenegrino.
Le affinità con il Divin Codino non si fermano ai colpi di classe sul rettangolo di gioco.
Le ginocchia di Jo-Jo sono fragili.
Nel ritiro precampionato del 2010 il legamento crociato del ginocchio destro fa crac e costringerà Stevan a rinunciare all’intera stagione.
La riabilitazione, come spesso accade, è lunga e accidentata. Niente di trascendentale per il carattere del ragazzo di Podgorica che torna brillantemente in campo, raggiungendo le cento presenze con la maglia dei gigliati ed un prestigioso piazzamento nell’elenco dei migliori calciatori nati dopo il 1989.
L’approdo ad una big europea è dietro l’angolo.
Manchester è nel destino di Jo-Jo. Sponda Citizens.
Sir Alex Ferguson si è appena ritirato a vita privata e Jovetić è pronto a diventare grande tra i grandi con i ringalluzziti Sky Blues.
La concorrenza è infernale. Aguero, Dzeko, Negredo. Jovetić ritrova ad essere uno dei tanti e fatica a trovare spazio.
Le due annate sono deludenti dal punto di vista personale, condite comunque da una Premier League e una Coppa di Lega.
Il montenegrino reclama spazio ma è la quarta scelta nelle gerarchie. Difficile, quasi impossibile, lasciare il segno nelle poche occasioni avute.
Roberto Mancini, abituato a pennellare calcio in campo e a selezionare esteti del pallone nel ruolo di Mister, forza la mano alla dirigenza dell’Inter per far tornare il sorriso sulle labbra di Stevan.
L’impatto con il mondo nerazzurro è devastante.
Gol decisivi nelle prime due partite ufficiali con Atalanta e Carpi. Jovetić è nuovamente in prima pagina.
Sembra essere l’inizio di una nuova vita per Jo-Jo. Rimarrà un lampo abbagliante nella stagione tormentata della squadra di Milano che fallirà la qualificazione ai preliminari di Champions League.
Il riccioluto fantasista scomparirà quasi subito dai radar, condizionato pesantemente da noie muscolari e da un cambio di sistema di gioco che non consentirà di sfruttarne a pieno le caratteristiche.
Il montenegrino subirà l’umiliazione di non essere inserito nelle liste per l’Europa League della stagione successiva.
Il nuovo allenatore dei nerazzurri Frank De Boer non ha un gran feeling con gli anarchici della posizione sul rettangolo di gioco.
Jovetić è ai margini della rosa. Impensabile fino a due anni prima.
Il prestito al Siviglia fa intravedere un pallido risveglio.
Jo-Jo contribuisce, con sei reti, all’accesso nell’Europa che conta.
Il mancato riscatto da parte degli andalusi arriva come una mannaia sulla sua testa.
Possibile che una stoffa pregiata sia diventata improvvisamente uno straccio da cucina?
Nessun top club è disposto a scommettere su un giocatore dalle gambe di cristallo.
Stevan accetta la corte del Monaco. Spera che le minori pressioni del Principato e della Ligue 1 possano aiutarlo nella risalita.
Trascorrerà la maggior parte del tempo in infermeria. Tra continui stop muscolari e una nuova rottura del legamento crociato che lo terrà fuori per 230 giorni.
32 presenze in tre stagioni. Una miseria. Anche la nazionale si dimentica di lui, capitano e miglior marcatore di tutti i tempi.
L’alba del 2020 restituirà la speranza di rivedere il vero Jo-Jo sul prato verde.
Un brillante ritorno in campo sottolineato da prestazioni e giocate di alta classe, un feeling ritrovato con i compagni e l’allenatore Moreno.
L’emergenza sanitaria mondiale e l’esonero dello spagnolo a rallentarne, una volta di più, il percorso.
Le ottime prestazioni faranno ritrovare al montenegrino il piacere e l’onore di indossare la maglia della propria rappresentativa nazionale, dopo quasi due anni di purgatorio.
Il ct Hadzibegic punta su di lui e Jo-Jo lo ripaga.
Un inizio di Nations League da protagonista per lui e per il Montenegro.
Punteggio pieno dopo tre partite, primo posto nel girone I.
Doppietta contro Cipro e marcatura contro l’Azerbaigian. Avversari modesti, per carità, ma in qualche modo bisognerà pur ricominciare.
Del resto Jo-Jo non deve dimostrare di possedere il talento, la classe, i colpi.
Dovrà far i conti, una volta per tutte, con la malasorte, la tenuta mentale nei momenti bui.
La capacità di forzare il corso del destino.
Quello che, ad esempio, ha fatto Roberto Baggio durante la sua favolosa avventura.
I tifosi viola se ne intendono di campioni, non è credibile abbiano valutato in modo così fallace la merce arrivata un decennio fa dal Montenegro.
Stevan dovrà prendere spunto dal suo omonimo giocattolo.
L’energia per tornare in alto dopo aver toccato il fondo fa parte di ognuno di noi.