La Nazionale a distanza di quattro anni è ferma sempre allo stesso punto: il Mondiale non è stato giocato nel 2018 in Russia e non verrà disputato nel prossimo dicembre in Qatar. In mezzo un successo europeo targato Roberto Mancini, che rimarrà come ct degli azzurri per le prossime stagioni. A parlare, dopo la scottante sconfitta con la Macedonia del Nord, è stato Giampiero Ventura che ha sottolineato alcune differenze di trattamento fra quattro anni fa ed ora.
Intervistato dal Corriere della Sera, l’ex ct Ventura ha parlato di tutte quelle sensazioni, situazioni ed emozioni vissute soprattutto nel post Svezia quattro anni, sottolineando tante differenze con la situazione attuale.
Sulle differenze con Mancini: “A Palermo, dopo la sconfitta con la Macedonia del Nord, il presidente Gravina era seduto accanto a Mancini. Io a San Siro ero solo, l’unico colpevole. Non l’ho mai trovato giusto”.
Sulla scelta di Mancini: “Ci sono tutti i presupposti per riprendere il discorso interrotto a Palermo. Gli ho
mandato un messaggio per gli Europei, gli ho fatto i complimenti“.
Come si passa da un Europeo vinto ad un’eliminazione del genere: “C’erano stati dei segnali, negli ultimi mesi. Si faceva troppa fatica a far gol. Durante l’Europeo la squadra era coraggiosa, bella in alcune giocate, leggera. Contro la Macedonia quelle sensazioni sono diventate fatica, affanno, timore. Hanno perso certezze”.
Italia-Svezia 2.0: “Per certi versi sì. Ma il contesto era completamente diverso. Prima dei playoff la mia Nazionale era già contestata. Eppure io sono uscito con Svezia e Spagna, ma non mi piace fare comparazioni. Se poi penso a certe immagini: per esempio Gravina a Palermo era vicino a Mancini, al suo allenatore, gli ha dato sostegno”.
Sui ricordi di quella notte: “Ho sorriso in questi giorni leggendo alcune dichiarazioni, qualche giornale: “Nel calcio può succedere”, “Caccia ai colpevoli”. Nel 2017 ce ne era solo uno. Trovai scorretto dovermi prendere tutte le colpe. Ma ormai l’ho superato, spero che l’Italia torni presto tra le migliori squadre del mondo”.
Sulla situazione del calcio italiano: “Si è fermato un po’ sul piano delle idee, è meno divertente. C’è stato l’exploit di Gasperini con l’Atalanta, poi qualche anno fa il Napoli di Sarri. Per il resto non mi sembra che sia un momento esaltante. Abbiamo difficoltà a segnare e si criticano le punte, ma tra le prime sei squadre di serie A non c’è nessun attaccante italiano. Ci siamo giocati la qualificazione al Mondiale con giocatori naturalizzati, segno che qualcosa non va, è evidente. Ma ne discutiamo solo dopo un fallimento, tra una settimana saremo di nuovo concentrati su Juventus-Inter. Servono delle riforme concrete, non basta parlarne, e un rapporto diverso tra i club e la Nazionale: non può essere vista come un fastidio, dovrebbe essere il riferimento di tutto il sistema. E poi ci sono troppe partite, spesso i giocatori tornano stanchi o infortunati. È come un gatto che si morde la coda”.
Sulla soluzione: “Bisogna dare più importanza ai settori giovanili, deve prevalere la tecnica sulla tattica. Prima alle scuole calcio i ragazzini passavano ore col pallone tra i piedi, la tattica era l’ultimo dei problemi. Se non hai la tecnica come fai a giocare. I giovani devono avere tempo e spazio per crescere. Tra gli attaccanti della Nazionale molti non hanno mai giocato in Champions League. L’esperienza internazionale serve, ti dà consapevolezza. Col Decreto crescita sono arrivati tanti giocatori dal non perde tempo a far crescere i giovani”.
Sul ritorno in panchina: “Spero presto. Non cerco un contratto, non mi interessa, io ho bisogno di adrenalina, credo di poter essere ancora utile“.