Nati oggi: Zdenek Zeman, il boemo di Zemanlandia
Il 12 maggio 1947 nasceva a Praga, nell’allora Cecoslovacchia, Zdenek Zeman, uno degli allenatori più discussi del calcio italiano. Allenatore girovago, sono tantissime le panchine su cui il tecnico boemo si è seduto nel corso della carriera, con più di 1000 presenze tra i professionisti. Personaggio mediatico dalle poche parole pesanti come macigni, scagliate tra una boccata e l’altra di sigaretta, Zeman è stato anche un allenatore antesignano nei primi anni ’90. Fermo sostenitore di un calcio propositivo e offensivo, ha portato in Italia idee di gioco radicalmente opposte a quelle del sacchismo, con un’interpretazione della Zona molto lontana da quella del Vate di Fusignano, e più vicina ai concetti del calcio totale olandese e al suo erede diretto, il juego de posiciòn catalano.
Il suo motto è sempre stato “il risultato è casuale, la prestazione no”. Zeman ha sempre dato grande attenzione al modo di giocare delle sue squadre, considerando il risultato il frutto di una serie di variabili in parte imprevedibili. Variabili che solo con la prestazione potevano essere addomesticati.
Questa profonda coerenza ai principi spiega in parte il suo palmarès povero, nonostante la lunga carriera. La vittoria del campionato di Serie C2 a Licata nella stagione 1984-1985 e due promozioni dalla Serie B alla Serie A. La prima di questa a Foggia nella stagione 1990-1991, la seconda a Pescara nella stagione 2011-2012. Forse, il primo e l’ultimo acuto della sua lunga carriera. Zeman tuttavia ha contribuito fortemente all’affermazione di molti talenti del calcio italiano ed europeo, da Signori a Vucinic, da Verratti a Insigne, da Nesta a Otti. Inoltre ha dato vita a vere e proprie imprese sportive: su tutti, il Foggia dei Miracoli.
In Italia Zeman è sempre stato conosciuto come “il boemo”. Trasferitosi in Italia poco più che ventenne, si laurea all’ISEF di Palermo con una tesi sulla medicina dello sport. Da quasi 50 anni è cittadino italiano, nonostante la parlata flemmatica tradisca una leggera reminescenza di accento ceco.
Dal 1974 al 1983 proprio in Sicilia inizia la sua carriera da allenatore, nelle giovanili del Palermo. Preparatore atletico diplomato, con una lunga gavetta con i giovani: questi saranno degli imprinting fondamentali nella carriera di Zeman. Il boemo sarà grande scopritore di talenti, e specie a Roma diventerà proverbiale la sua temuta preparazione fisica, fatta di carichi di lavoro a secco particolarmente pesanti, inusuali per l’epoca.
Nel 1984 allena il Licata, con cui consegue la promozione dalla C2 alla C1. Poi passa sempre in C1 al Foggia, dove non termina la stagione. In seguito a Parma, in Serie B, dove sorprende per un’amichevole estiva contro il Real Madrid vinta 2-1, ma finisce esonerato. Nel 1988-89 è a Messina, con il quale arriva ottavo in Serie B. Il suo capocannoniere fu nientemeno che Totò Schillachi.
Nasce Zemenlandia
Nell’estate ’89 Pasquale Casillo, presidente del Foggia neopromosso in Serie B, riporta Zeman in Puglia. Quel Foggia diventerà il “Foggia dei miracoli” e, proprio allora, si comincia a parlare di Zemanlandia, termine poi usato come titolo dell’omonimo documentario del 2009, incentrato proprio sul racconto delle imprese di quella squadra. Che stupirà per il calcio offensivo e spumeggiante, fondato sul 4-3-3 e una difesa a zona estremamente aggressiva, spesso schierata sulla linea di metà campo, con un portiere chiamato a stare molto alto e ad agire da libero. Ruolo, questo, magistralmente intepretato dal compianto Francesco Mancini.
A Foggia Zeman in cinque anni ottiene la promozione in Serie A, due noni posti e un undicesimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa UEFA. Lancia tra gli altri Beppe Signori, Ciccio Baiano, Gigi Di Biagio, Roberto Rambaudi. Rimarrà la sua esperienza più lunga, e più epica.
Nell’estate ’94 passa alla Lazio, dove ritrova Signori e Rambaudi e ottiene un secondo posto in campionato. La sua prima esperienza europea termina ai quarti di finale in Coppa Uefa, mentre raggiunge la semifinale in Coppa Italia. Nella seconda stagione chiude al terzo, con il miglior attacco della Serie A Beppe Signori capocannoniere con 24 reti. Zeman viene esonerato a metà della terza stagione a Roma, dopo un avvio molto complicato. In due anni e mezzo non ha vinto nulla, ma ha ottenuto ottimi piazzamenti e lanciato alcuni giovani dal grande futuro. Giocatori del calibro di Alessandro Nesta, Marco Di Vaio e Pavel Nedved.
Pochi mesi dopo il boemo passa, a sorpresa, alla Roma di Franco Sensi. Due stagioni, un quarto e un quinto posto, tanto spettacolo, tanti derby persi e l’impatto sulla crescita del pupo di casa, Francesco Totti.
Dopo l’avventura a Roma, Zeman diventa girovago. Fenerbahçe, Napoli, Salernitana, Avellino, Lecce, Brescia, Stella Rossa. Fa un ritorno a Foggia, lancia Lorenzo Insigne ma fallisce la promozione. Se lo porta a Pescara l’anno successivo, e guadagna la Serie A facendo esplodere Immobile e Verratti. Un controverso ritorno alla Roma nel 2012-2013, poi a Cagliari, Lugano, ancora Pescara. Spesso idolatrato e amato, sempre divisivo nel momento in cui latitavano i risultati. Ma non solo.
Le controversie
Nel 1998 Zeman rilascia un’intervista a L’Espresso dove pubblicamente la Juventus di fare ricorso a sostanze dopanti. Viene aperta un’inchiesta da parte della magistratura che arriva poi a processare il medico juventino Riccardo Agricola e l’amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo. Il procedimento non ha mai avuto pieno termine, poiché al terzo grado di giudizio i giudici in parte hanno assolto gli imputati in quanto il fatto all’epoca non costituiva reato (la legge sul doping risale al 2000), mentre per la frode sportiva è subentrata la prescrizione, seppur affermando l’esistenza della condotta e la configurazione fraudolenta della stessa.
Zeman testimonia anche nel processo legato alle vicende dello scandalo Calciopoli. Nel 2009 accusa Luciano Moggi di aver complottato per rovinargli la carriera dopo le accuse del 1998, anno in cui Moggi era direttore generale della società bianconera. Zeman sostenne anche che nella stagione 2004-2005, mentre era alla guida del Lecce, il campionato di Serie A fu fortemente influenzato da Moggi, come poi riconosciuto dalla giustizia sportiva.