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Nati oggi: Romelu Lukaku, il gigante buono

S nasce ad Anversa il 13 maggio del 1993. Come lui stesso ha raccontato a The Player’s Tribune, la sua infanzia è tutt’altro che semplice. Perché è quella di una famiglia dell’allora Zaire emigrata in Belgio, il paese che dell’attuale Repubblica Democratica del Congo fu colonizzatore. Certo, emigrata in posizione relativamente di privilegio, perché il padre, Roger, era anch’egli un calciatore militante nella massima serie belga.

“Mio padre era stato un calciatore professionista, ma era a fine carriera e i soldi se ne erano andati. La prima cosa a sparire fu la TV via cavo. Poi capitava di tornare a casa e la luce non c’era più, niente elettricità per due o tre settimane per volta”

Romelu Lukaku è un ragazzo che lucidamente, e precocemente, ha impostato la sua professione di calciatore sul senso di riscatto. A 16 anni compiuti è un professionista, undici giorni dopo esordisce con la maglia dell’Anderlecht, il 24 maggio 2009.

All’inizio di quella stagione (2008-2009), nell’u-19 era partito spesso dalla panchina. Ma Romelu doveva giocare. Scommette con l’allenatore di segnare 25 gol entro il 25 dicembre. Se perde, siederà in panchina. Se vince, il mister dovrà lavare tutti i minivan che trasportano i calciatori e portare ogni giorno pancake ai ragazzi. I venticinque gol li segna entro novembre. “Mai scherzare con un ragazzo affamato”

La fame. Un ricordo ancestrale della vita di Romelu. Da un’episodio dell’infanzia:

“I knew we were struggling. But when she was mixing in water with the milk, I realized it was over, you know what I mean? This was our life.”

Bisogna dare tutto, bisogna dare il massimo, e non basta. Ancora di più, perché la fame non deve tornare. Lukaku che oggi compie 28 anni è come calciatore uno che dà tutto. Ma non è ingordo. Si riguardi questo gol, negli ottavi di finale dei mondiali 2018. Non tocca neanche il pallone, eppure fa la giocata decisiva. Forse, una delle più belle della sua carriera.

Lukaku, 39 gol in due stagioni giocate non ancora diciottenne, centravanti dal fisico imponente, è un giocatore di manovra e di sacrificio, bravo a segnare tanto quanto a far segnare i compagni. Conte ha smosso mari e monti per averlo all’Inter, Lukaku lo ha ripagato con 62 gol (per ora) e uno scudetto da protagonista. Diventando un idolo dei tifosi, una frangia dei quali poco dopo il suo arrivo aveva maldestramente tentato di dire la sua sugli episodi di razzismo in un Cagliari-Inter. Di nuovo, ha risposto dentro e fuori dal campo.

Lukaku ha ripetutamente avuto parole dure sul tema razzismo, specialmente da quando è in Italia, dove è raro sentire prese di posizioni da parte dei calciatori su certe questioni. Spesso si dice dipenda dal suo lungo trascorso in Inghilterra (Chelsea, Everton, Manchester United, con 146 reti in otto anni), dove i giocatori sono più abituati a rilasciare dichiarazioni “spinose”. Ma più probabilmente dipende dal fatto che il razzismo non sta solo nei buuuu, ma nel dover dimostrare sempre di essere il migliore per venire accettato. E Lukaku spesso, se non sempre, prima lo ha dimostrato di essere il migliore. E poi, con cortesia e fermezza, ha presentato il conto. Chiedete a Ibrahimovic. Perché gigante buono sì, però la fame non si dimentica.

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Published by
Federico Castiglioni