Nati Oggi: Paolo Sollier, il calciatore-operaio col pugno chiuso

Nati Oggi: Paolo Sollier, il calciatore-operaio col pugno chiuso

Paolo Sollier

Il 13 gennaio 1948, a Chiomonte, nella cintura urbana di Torino, nasce Paolo Sollier. Origini sociali e geografiche che, come spesso accade, valgono tantissimo nella vita e nella crescita di Sollier. Dentro e fuori dal campo. La sua, infatti, non è una storia qualsiasi, ma l’esempio di come si possa diventare un calciatore professionista senza perdere il contatto con la realtà, un po’ come fu per Socrates, dall’altra parte del mondo. Paolo Sollier si avvicina all’impegno sociale attraverso la militanza in due gruppi, Gruppo Emmaus e Mani Tese, che lascia quando si iscrive a Scienze Politiche. Lasciata l’Università, va a lavorare a Mirafiori, il più grande stabilimento italiano della FIAT.

Il Sollier calciatore

Siamo nel 1968, anno di lotta e di svolta, almeno simbolica, per il Paese. Sono gli anni in cui Paolo Sollier inizia a prendere seriamente l’idea di vivere di calcio. Cresciuto nel Vanchiglia, gioca per un biennio nel Cinzano, e poi nella Cossatese, in Serie C, e nella Pro Vercelli, in cui milita nella stagione 1973/1974. Diventa, a tutti gli effetti, un calciatore professionista, ma non abbandonerà mai l’impegno politico, neanche quando arriverà a giocare in Serie A, con la maglia del Perugia.

Anni dopo il suo ritiro, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, racconterà: “La critica principale che mi è stata rivolta è come si conciliava la mia militanza a sinistra con i guadagni da calciatore, ma il mio era lo stipendio di un buon impiegato. Se mi sentivo un privilegiato era per un altro motivo, perché facevo il lavoro dei miei sogni, il calciatore. Una fortuna che capita a pochi”.

Perugia, per Paolo Sollier, è la città ideale. Con la tifoseria, all’epoca apertamente schierata a sinistra, instaura un rapporto di enorme empatia, “sigillato” dal saluto a pugno chiuso. “Non era propaganda. Non era un gesto indirizzato ai tifosi ma a me stesso, per ricordarmi ogni volta chi fossi e da dove venivo. E per far sapere ai miei amici che restavo quello di sempre. Il ragazzo che al campetto, tanti anni prima, così si rivolgeva a loro. Con quello che per noi era un segno di riconoscimento”, racconta Sollier.

Fuori dal campo, Paolo Sollier regala una lettura originale e politica del suo mondo, quello del calcio, raccolta in “Calci e sputi e colpi di testa”. Un libro che alla sua uscita, nel 1976, destò polemica e scalpore, e che oggi è una pietra miliare della narrativa legata al pallone. Qui, Sollier racconta la sua militanza in Avanguardia Operaia, scavando tra la differenza di vedute, a volte abissale, tra lui ed i suoi colleghi.

Dopo Perugia, finisce al Rimini, prima di tornare in Piemonte, dove chiude la carriera nel 1985, tornando ad indossare le maglie di Pro Vercelli e Cossatese. Appese le scarpette al chiodo Paolo Sollier si divide tra la panchina di piccole realtà di provincia e la macchina da scrivere. Ha collaborato con le testate di Reporter, Il Mattino di Padova, Tuttosport e MicroMega.