Sul cancello di ingresso del vecchio stadio del Southampton, il mitico The Dell – demolito nel 2001 per fare posto al St Mary’s Stadium – c’era un cartello con scritto: “Welcome to The God’s House”. Dio, all’epoca, ossia tra la fine degli anni Ottanta e fino al 2002, era Matthew Le Tissier.
Nato nella piccola Saint Peter Port, capitale dell’isola di Guernsey, a pochi chilometri dalla costa francese, il 14 ottobre 1968, viene notato a 13 anni in un camp Saints Soccer School. Gli osservatori del Southampton rimangono impressionati dal talento e dalle doti balistiche del giovane Le Tissier, e nel 1985 lo mettono sotto contratto.
L’anno successivo, nella stagione 1986/1987, fa il suo esordio tra i grandi: la partita è quella di FA Cup del 4 novembre, di fronte il Manchester United ad Old Trafford. I Saints passeggiano, finisce 4-1, con due reti del centrocampista di Saint Peter Port. Qualche giorno dopo, arriva anche la prima presenza in First Division, contro il Barnsley. Le prime tre stagioni, alla fine, mette insieme 89 presenze e ben 23 reti: non male per un centrocampista.
La consacrazione arriva nel campionato 1989/1990, quando Le Tissier conquista il PFA Young Player of the Year Award, premio dedicato al miglior under 24 del campionato. Strameritato, perché alla fine chiude con 20 reti, terzo cannoniere del torneo, trascinando il Southampton fino al settimo posto.
Nelle stagioni successive, sono tante le squadre che bussano alla porta dei Saints, dal Tottenham al Chelsea, dal Liverpool all’Arsenal, ma Le Tissier, di lasciare il club, non ne vuole sapere. Resterà fino al 2002, ma la parabola discendente, dopo tante stagioni sulla cresta dell’onda, inizia alla fine degli anni Novanta, quando iniziano a tormentarlo gli infortuni. Chiude con 552 presenze e 218 reti, diventando il simbolo di una squadra e di una tifoseria, quella del Southampton. Non riuscirà mai a conquistare un trofeo, né un posto in Nazionale, con cui gioca appena 8 partite, perlopiù da subentrante.