Il 21 dicembre 1973, ad Azul in provincia di Buenos Aires, nasce Matías Jesús Almeyda. Cresce nelle giovanili del River Plate, dove si forma come centrocampista di rottura, dinamico, un ruba palloni di gran ritmo e capacità d’impostazione. Con i Millonarios esordisce in prima squadra nel 1991, e in cinque stagioni colleziona tre campionati e una Copa Libertadores, nel 1996. Lo vuole mezza Europa, ma alla fine, per 22 miliardi di lire, la spunta il Siviglia. In Liga, però, Almeyda non trova la sua dimensione, e quando a fine campionato la squadra retrocede, passa all’ambiziosa Lazio di Cragnotti.
La stagione 1997/1998 è di ambientamento, gioca di rado titolare, ma prende le misure alla Serie A. Dove, nel campionato successivo, diventa finalmente protagonista. Almeyda diventa i polmoni del centrocampo della Lazio di Eriksson, che a fine campionato sfiora lo scudetto, perso all’ultima curva, e alza la Coppa delle Coppe. Dopo il testa a testa con il Milan, l’anno dopo ci sarà quello con la Juve, con la Lazio che torna a vincere il campionato dopo 26 anni. Almeyda, però, trova meno spazio, limitato dalla contemporanea presenza in rosa del connazionale Diego Simeone.
Nel 2000, passa quindi al Parma, insieme a Sergio Conceição, in uno scambio che porterà a Roma Hernan Crespo. In Emilia resta fino al 2002, vincendo la sua terza Coppa Italia. Passa quindi all’Inter, per 22 milioni di euro, ma in nerazzurrro le cose non andranno benissimo. Rimane due stagioni, e nel 2004, alla scadenza del contratto, riparte dal Brescia. Esperienza che dura giusto il tempo di qualche mese, prima di annunciare il ritiro dal calcio giocato. In realtà, tornerà sui suoi passi diverse volte nel corso degli anni, chiudendo son il campo solo nel 2011, dopo un altro biennio al River Plate.
Con al Nazionale dell’Argentina partecipa ai Mondiali del 1998, come titolare inamovibile, e a quelli del 2002, collezionando in tutto 40 presenze e una rete tra il 1996 e il 2003.