Nati Oggi: Fernando Redondo, il taconazo di Madrid

Nati Oggi: Fernando Redondo, il taconazo di Madrid

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Fernando Redondo nasce a Buenos Aires il 6 giugno 1969. Soprannominato El Principe, forse per il suo esser figlio della classe agiata bonaerense, forse per il suo stile di gioco, elegante e compassato. Redondo è stato tra i migliori registi dell’era moderna del calcio, cresciuto nell’Argentinos Juniors che aveva lanciato Maradona, asceso nel miracolo Tenerife e impostosi nel Real Madrid.

Le caratteristiche di Redondo erano quelle di un giocatore a cavallo tra ere calcistiche. L’evoluzione del numero 5, dal centromediano metodista dei tempi andati al regista d’impostazione moderno, aveva nell’argentino la sua fase di passaggio. Le necessarie qualità in termini di dinamismo e intensità,pur presenti, cominciavano a stemperarsi. Redondo aveva una grande abilità di elusione del pressing in dribbling rispetto ai mediani dell’epoca. Inoltre, la sua interdizione era composta più dalle letture e chiusure delle linee di passaggio, che dai tackle. Tuttavia, rimaneva un giocatore propenso alla conduzione del pallone, aspetto questo ormai secondario nel regista moderno. Eppure, era tra i primi in quella posizione capace di giocare a due tocchi, rigorosamente di mancino, proprio come i registi moderni.

Nei sei anni al Santiago Bernabeu Redondo si è consacrato come leggenda, simbolo del Real pre-Galacticos che vinse due Champions e l’Intercontinentale del 1998. Per una di quelle Champions, quella del duemila, una sua giocata ne divenne simbolo. Il famigerato taconazo, sfoggiato ai quarti di finale contro il Manchester United campione in carica. Redondo punta Henning Berg e lo salta con un geniale colpo di tacco+tunnel, seguito dall’unica accelerazione secca della sua vita. La testa è alta per vedere l’inserimento di Raul al centro dell’area, che appoggia a porta vuota per il 3-0.

A trentuni anni, il burrascoso passaggio al Milan, dato dalla volontà del nuovo presidente Perez di portare Figo in blancos. Il colpo di Galliani è clamoroso, portato al termine con una trattativa difficile tra le proteste dei tifosi madrileni e la riottosità del giocatore, che da Madrid non voleva andarsene. Ma la sua esperienza al Milan sarà triste e malinconica.

Appena arrivato, Redondo si ruppe un crociato, rimanendo fermo mesi, con un recupero molto lento. Proprio per questo, chiese di non percepire lo stipendio fino al suo rientro in campo. Rientro che avverrà ben due anni dopo, il 3 dicembre 2002, Ancona-Milan valida per l’andata degli ottavi di Coppa Italia. Giocò un tempo, lasciando il posto nella ripresa ad Andrea Pirlo. Ovvero, al suo naturale successore, il passo seguente nella scala evolutiva del ruolo di regista. E quella Coppa Italia, l’ultima vinta dal Milan, fu il suo contributo principale negli anni in rossonero, con la prova sfoggiata nella doppia finale contro la Roma.

Redondo lasciò il Milan nel 2004 ritirandosi dal calcio giocato, con una manciata di partite disputate in quattro anni. Si ritira lo stesso giorno in cui Baggio dà l’addio al calcio, proprio in un Milan-Brescia a San Siro.

Con l’Argentina il suo rapporto è stato piuttosto burrascoso, visto che nel ’90 non partecipò ai Mondiali italiani per proseguire gli studi di economia. Anche nel ’98 non prese parte ai Mondiali dopo una discussione con Passarella, visto che il ct non gradiva né il suo gioco, né i suoi capelli particolarmente lunghi. Tuttavia, in albiceleste Redondo vinse la Confederations Cup (allora Coppa Re Fahd) del ’92 e la Copa America del ’93.