Nati oggi: Ferdinando Valletti, mediano sopravvissuto a Mauthausen
Il 5 aprile 1921, a Verona, nasce Ferdinando Valletti, la cui vita è legata non solo e non tanto al calcio, quanto alle vicende storiche di cui è protagonista. Nell’epoca in cui, ancora, di calcio vivevano in pochi, Valletti fa tutta la trafila della giovanili nel Verona (che oggi conosciamo come Hellas Verona). In contemporanea, studia da perito industriale, e dopo il diploma, nel 1938, viene assunto dall’Alfa Romeo a Milano. Dopo qualche anno nel Seregno, nel 1941 lo tessera il Milan. Per una stagione, pur non giocando mai in campionato, ma solo nelle amichevoli, la sua vita calcistica si intreccia con quella di Giuseppe Meazza.
Nel frattempo, però, continua a lavorare in fabbrica, dove la politica si affaccia nella sua vita. Con l’Italia in guerra, e il Gran Consiglio del Partito Fascista che fa cadere Mussolini, il Paese si spezza in due. Da Sud inizia la risalita degli Alleati lungo la Penisola, a Nord si stringe la tenaglia nazista, sostenuta dalla Repubblica di Salò. Milano, tra il 1943 e il 1944, è una polveriera, e nel marzo del 1944 il movimento operaio promuove uno sciopero generale che farà definitivamente esplodere le tensioni. La risposta delle truppe Naziste sarà durissima, tanti tra scioperanti e lavoratori saranno deportati. Compreso Ferdinando Valletti, che si ritrova a lottare per la propria sopravvivenza prima nel terribile campo di Mauthausen e poi a Guse II.
Qui, le sue doti di calciatore gli torneranno utili. Chiamato a sostituire un soldato nella squadra delle SS, conquista la fiducia del kapò del campo. Che, da quel momento, lo farà lavorare come sguattero in cucina, da dove darà una grande mano agli altri prigionieri. La luce, però, arriverà solo il 5 maggio 1945, quando gli Alleati arrivano anche a Guse II, restituendo la libertà a Ferdinando Valletti e a tutti i suoi compagni di prigionia, tra cui il pittore Aldo Carpi. Rientrato in Italia, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, riprende il suo lavoro all’Alfa Romeo, dove negli anni diventerà dirigente. Diventa, negli anni, un simbolo e un eroe silenzioso, ma soprattutto un testimone dell’orrore dei campi di concentramento e della follia della Seconda Guerra Mondiale. Scompare nel 2007, malato da qualche anno di Alzheimer.