Nati Oggi: Fabrizio Ravanelli. Campione d’Europa con la Juventus

Nati Oggi: Fabrizio Ravanelli. Campione d’Europa con la Juventus

(Photo by Steve Morton, Onefootball.com)

L’11 dicembre 1968, a Perugia, nasce Fabrizio Ravanelli, bomber giramondo, Campione d’Italia e d’Europa con la maglia della Juve. Penna Bianca cresce nelle giovanili del Grifone, con cui esordisce in Serie C2 nel 1986, mettendo a segno a fine stagione 5 reti in 26 presenze. La stagione successiva i suoi gol diventano 23, e si rivelano fondamentali per la promozione in Serie C1. Resta a Perugia un altro anno, prima di essere ceduto all’Avellino, in Serie B. In Irpinia, però, non trova spazio, e finisce in prestito alla Casertana, di nuovo in Serie C1. Nell’estate del 1990, così, cambia ancora maglia, e va alla Reggiana, in Serie B. In Emilia, esplode definitivamente: la prima stagione segna 16 reti, e sfiora una clamorosa promozione in Serie A.

Fabrizio Ravanelli
(Photoby PASCAL POCHARD CASABIANCA, Onefootball.com)

L’anno successivo, chiude con un bottino di 8 reti, ma la sua duttilità tattica, la visione di gioco e il fiuto del gol destano le attenzioni nientemeno che della Juventus. Sbarca a Torino nel 1992, in un attacco che conta su campioni affermati come Roberto Baggio e Gianluca Vialli, ma anche su Casiraghi e Di Canio. Una concorrenza che non spaventa Ravanelli, capace da subito di ritagliarsi il suo spazio. Alla fine della prima stagione in bianconero mette insieme 33 presenze e 9 reti, tre delle quali in Coppa Uefa, trofeo che alza al cielo dopo la doppia finale contro il Borussia Dortmund. L’anno successivo fa ancora meglio, la cessione di Casiraghi gli concede maggiore spazio, pur restando quasi sempre fuori dai titolari. Al termine della stagione 1993/1994, chiusa con 12 reti in 38 presenze, sulla panchina della Juve arriva Marcello Lippi.

Si rivelerà una svolta anche per la carriera di Fabrizio Ravanelli, che in stagione giocherà praticamente sempre. Segnando come non mai. Alla fine, le sue 30 reti, spalmate tra campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa, si rivelano fondamentali per conquistare uno scudetto che a Torino mancava da nove anni. Vince anche la Coppa Italia, in finale contro il Parma, che si vendica però nella doppia finale Uefa, che finisce in Emilia. Penna Bianca è ormai uno dei giocatori più importanti della Juventus, e l’anno successivo, l’ultimo in maglia bianconera, tocca il suo apice. Nella finale di Champions League, contro l’Ajax, è Ravanelli a portare in vantaggio la Juventus. Dopo il pareggio di Litmanen, serviranno i rigori per avere la meglio dei lancieri, ma i bianconeri tornano sul tetto d’Europa.

Proprio in quel momento, però, la dirigenza juventina decide di cederlo, in una logica di rinnovamento che lo porterà lontano dall’Italia. Sceglie la Premier League, dove in una sola stagione fa innamorare i tifosi del Middlesbrough. Che lo ribattezzano “Silver Fox“, per via, ovviamente, dell’inconfondibile chioma bianca, che lo identifica sin da giovane. Il club, nonostante le 31 reti tra campionato e coppe di Ravanelli, finisce in First Division, e nel 1997 Penna Bianca riparte dall’Olympique Marsiglia. Saranno due anni e mezzo turbolenti. Nella prima stagione sfiora e perde all’ultimo minuto un campionato praticamente vinto, nella seconda perde la finale di Coppa Uefa.

Nella sessione invernale di calciomercato del 2000, così, accetta l’offerta della Lazio, alla ricerca di un rinforzo di esperienza in avanti. A Roma gli spazi sono stretti, ma quando viene chiamato in causa si rivela ancora decisivo, e alla fine della stagione festeggerà un altro scudetto e un’altra Coppa Italia. Resta un’altra stagione in biancoceleste, segnando 6 reti in 21 presenze. Nel 2001 torna in Inghilterra, al Derby County, e dopo sei mesi in Scozia, al Dundee, torna a Perugia, dove nel 2005 chiude una carriera ricca di soddisfazioni. In Nazionale vive una parentesi relativamente breve, tra il 1995 e il 1998, ma da assoluto protagonista, con 22 presenze e 8 reti. A causa di una broncopolmonite, sarà costretto a saltare i Mondiali di Francia del 1998, la più grande delusione nella carriera di Ravanelli.