Nati Oggi: Andriy Shevchenko
Nato il 29 settembre 1976, Andriy Shevchenko ha legato il su nome a quello del Milan, con cui, in sette stagioni, ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Originario di Dvirkivščyna, non lontano da Chernobyl, all’epoca del disastro della centrale nucleare, nel 1986, fu costretto a rifugiarsi sulla costa con la famiglia.
Cresciuto nella Dinamo Kiev, tocca vette mai raggiunte prima per un calciatore ucraino. Nella stagione 1997/1998 segna una tripletta al Camp Nou nel clamoroso 0-4 contro il Barcellona in Champions League. L’anno successivo, trascina, in tandem con Rebrov, la Dinamo Kiev fino alla semifinale, laureandosi capocannoniere dalla competizione con 8 reti in 10 partite.
È abbastanza per il grande salto. Sbarca in Italia nel 1999, con un bagaglio di oltre 100 gol e cinque campionati consecutivi vinti da protagonista. Ad ambientarsi, ci mette pochissimo: alla sua prima stagione in maglia rossonera chiude con 29 reti in 43 presenze. Riuscendo nell’impresa più ardua, quella di non far rimpiangere George Weah, forse il più grande calciatore africano di sempre, ormai sul viale del tramonto. Per il Milan, Campione d’Italia in carica, sarà un’annata interlocutoria: terzo posto finale in Serie A e eliminazione ai gironi Champions. Per Andriy, invece, la consapevolezza di poter stare tra i più grandi.
E gli anni successivi sono lì a testimoniarlo. Ci vorranno due stagioni per tornare ad arricchire la propria bacheca, ma Sheva non smette di segnare. 34 reti nella stagione 2000/2001, 17 in quella successiva, un’altra volta sul podio del Pallone d’Oro. Per velocità, fiuto del gol, bagaglio tecnico e varietà di colpi è l’attaccante più completo della sua generazione. Ma manca ancora qualcosa: le vittorie.
Che iniziano ad arrivare nell’annata 2002/2003. Paradossalmente, quella in cui il contributo di Andriy è meno evidente. Un infortunio al menisco lo lascia ai box per buona parte della stagione. Ma torna in tempo per la semifinale di Champions, il derby contro l’Inter, in cui Shevchenko segna il gol che porta il Milan in finale. Di fronte, un’altra italiana, la Juventus. Ci vorranno i rigori, ed a calciare l’ultimo, che consegna simbolicamente la Champions League ai rossoneri, è ancora Sheva.
La stagione successiva è quella della definitiva consacrazione: vince la Supercoppa Europea, lo Scudetto e la classifica marcatori della Serie A, per la seconda volta. Il Pallone d’Oro 2004, dopo averlo sfiorato due volte, appare, ed è, l’inevitabile riconoscimento della grandezza del talento più puro della storia del calcio ucraino. Nel 2005 andrà vicino a bissare il successo continentale, nella finale di Champions di Istanbul contro il Liverpool. Che il Milan, dopo essere passata in vantaggio 3-0, butta via, cedendo ai rigori. L’ultimo, fatale, lo calcia e lo sbaglia proprio Sheva. Sarà uno shock, per tutti, ma per lui in particolare, che vive la sua ultima annata in rossonero senza vincere nulla.
Nel 2006, arriva il clamoroso passaggio al Chelsea. In Blues – di ritorno dal Mondiale di Germania, in cui ha guidato la Nazionale Ucraina fino ai quarti di finale – nelle due stagioni successive, segna poco e finisce ai margino della squadra. Tanto che nel 2008 torna proprio al Milan, in prestito. Ma sarà un’esperienza deludente: appena 2 reti in 26 presenze. Gli ultimi anni di carriera, li dedica alla sua prima squadra, la Dinamo Kiev, con cui riprende a segnare con una certa regolarità. Fino a quando l’età e gli acciacchi non lo spingono, nel 2012, ad appendere gli scarpini al chiodo. Ha 36 anni, e numeri che ne fanno uno dei migliori marcatori della storia del calcio.