Napoli, il calcio come strumento di emancipazione: la storia di Osimhen

L’acquisto di Victor Osimhen da parte del Napoli è uno dei colpi più importanti della sessione di calciomercato della Serie A e aggiunge molta qualità alla rosa a disposizione di Gattuso. Il calciatore nigeriano, fino a qui, si è messo in mostra e ha fatto vedere a tutto il popolo partenopeo le caratteristiche che l’hanno posto sotto i riflettori della Ligue1.

Sui canali social del Napoli è comparsa oggi un’intervista dove l’attaccante ex Lille ripercorre le tappe più importanti della sua vita e della sua carriera.

Il racconto di Osimhen parte da lontano, da un’infanzia dura vissuta in Nigeria: la perdita precoce della madre e la necessità di lavorare per mantenere la famiglia; il calcio come unico strumento di libertà ed emancipazione.

Nel corso del racconto, l’attaccante ha dichiarato di avere come punto di riferimento uno dei calciatori più importanti del continente africano e dell’intero panorama calcistico, Didier Drogba: “Sono cresciuto guardandolo giocare, è stato un esempio per me. Mi sono innamorato del suo modo di giocare e del tipo di persona che è. Vederlo giocare ha avuto un impatto importante sul mio gioco. Il mio sogno è vincere il premio di miglior calciatore africano dell’anno: sto lavorando per questo obiettivo“.

L’arrivo al Napoli rappresenta l’inizio di un sogno: “Per me essere qui è un sogno diventato realtà. Se qualcuno tre anni fa mi avesse detto che avrei giocato in una delle squadre più importanti del mondo non ci avrei creduto. Ho passato momenti difficili ed è stato un periodo stressante, se mi avessero detto che avrei firmato per il Napoli avrei detto che era impossibile, ma ora so che nulla è impossibile. Ci sono molte aspettative su di me ma farò di tutto per essere all’altezza“.

In chiusura, Osimhen ha raccontato quanto siano stati importanti, e l’abbiano influenzato nella scelta, i messaggi ricevuti dei tifosi azzurri nei giorni della trattativa: “Devo ringraziare i tifosi del Napoli per avermi spinto a fare questa scelta, penso che il 70% del lavoro per farmi venire qui l’abbiano fatto loro“.