Napoli e la sua festa “off limits”: la celebrazione, la sbornia da smaltire. E… un futuro da scrivere

“Diego ci ha insegnato come si fa”, ha detto ieri il regista Paolo Sorrentino prima di mostrare un video celebrativo dello scudetto con volti iconici del passato di Napoli e della napoletanità. Stavolta non c’è il calciatore più forte del mondo. Ma una squadra e una società che sono diventate grandi insieme e sono cresciute anno dopo anno.

Napoli e la sua festa “off limits”: la celebrazione, la sbornia da smaltire. E… un futuro da scrivere

Sul palco arrivano De Laurentiis e Giuntoli, poi i giocatori (con maglia celebrativa) uno a uno. “Un ringraziamento a chi è stato dietro le quinte e a voi tifosi che ci avete sempre sostenuto, anche in trasferta, che sembrava di stare sempre a Napoli” dice il capitano Di Lorenzo. Arriva il momento degli attaccanti: ovazioni per Kvaratskhelia (con la bandiera della Georgia) e Osimhen. Tutto lo stadio intona “Siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi”. E dopo il magazziniere Tommaso Starace viene accolto, infine, il super protagonista della stagione: Luciano Spalletti, portato in trionfo dai giocatori e acclamato dal pubblico. Musica, luci tricolori e champagne concludono la festa. E non può mancare il We are the champions dei Queen a celebrare i campioni d’Italia. Per non parlare di ogni angolo della città (con province annesse) tinto d’azzurro. Senza dimenticare Largo Maradona, ai Quartieri. Ora dinanzi a quel murale di via Emanuele De Deo l’omaggio è di tutti, una processione continua e costante, di napoletani dei quartieri alti, dei quartieri chic, spagnoli, francesi, tedeschi, americani e argentini, cugini acquisiti. L’Italia al Napoli, direbbero i più nostalgici.

Il successo griffato Spalletti (con gli interessi) – Vi voglio bene assaje, questo il suo grido, ieri, dal palco del Maradona. Vederlo al centro della festa fa emozionare tutti gli appassionati di questo sport. L’ultimo evento del genere, per lui, fu un contrappasso ingiusto: la presenza in una sera di maggio del 2017 all’addio di Francesco Totti, all’Olimpico, da nemico pubblico del Pupone giallorosso. La carriera di Luciano non poteva e non doveva finire così. Meglio tardi che mai, no? Non a caso è diventato il tecnico più anziano di sempre a vincere uno scudetto. Spalletti non ha mai smesso di studiare. Di aggiornarsi, quindi di aggiornare il suo calcio. Il Napoli di quest’anno, infatti, è stato ed è una squadra che gioca in modo moderno, un qualcosa d’altro, anche post-contemporaneo. In alcuni frangenti, sembrava provenire dal futuro. NapoliCrazia. Attenzione, coraggio, personalità, consapevolezza. Stiamo vivendo l’epoca in cui la storia muta cambiando i tempi. Grazie al “contadino visionario” di Certaldo. Ha saputo essere allo stesso tempo allenatore, alchimista e psicologo. Ciascuno si è sentito utile, parte integrante del gruppo. Cosa rappresentava l’arrivo al Napoli di un tecnico a cui è mancata sempre la scintilla finale, ma che proprio in un contesto di incompiutezza si sta esaltando. Il suo avvento all’ombra del Vesuvio ha una doppia anima, chiude un cerchio con la matematica e con l’epica, insieme. Può essere capito, se dopo una stagione così indimenticabile (e probabilmente irripetibile), decidesse di andare. Qualsiasi cosa decida non intaccherà il fatto che resterà per sempre nella storia di questo Napoli, com’è giusto che sia da qui all’eternità. E il futuro sarà tutto in discesa. Perché Luciano (anche), oltre Diego, ci ha insegnato come si fa: lavoro, passione, abnegazione. Voglia di non fermarsi, di continuare a imparare, ad aggiornarsi.