Radja Nainggolan è sempre stato un personaggio controverso. Un calciatore dalle indubbie qualità, in certi anni tra i migliori in Serie A nel suo ruolo, ma spesso bistrattato per il suo stile di vita un po’ “sopra le righe”. Il belga in un’ultima intervista al quotidiano Repubblica, è tornato a parlare di sé, del suo lifestyle e del passato.
Stile di vita: “Se uno fa tardi, beve, fuma una sigaretta, ai miei occhi non fa cose sbagliate. Poi il Nainggolan in campo rendeva facile accettare tutto: non mi sono mai preoccupato di cosa diceva la gente, tanti invece si nascondono. Di me si sa tutto perché esco, mi vedi nei locali. C’è chi beve più di me ma lo fa a casa e non lo sa nessuno”.
I problemi in Nazionale: “Un po’ sì. Lì ci sono grandissimi giocatori ma la mentalità è completamente diversa. Poi spesso non conoscono bene la persona, si fidano di ciò che viene detto. Mi è mancato un Mondiale, ma dopo l’ultima esclusione ho detto basta”.
Roma e Zaniolo: “Zaniolo è un grandissimo giocatore, ma quando la squadra non gioca bene contro le grandi, e negli ultimi anni di queste partite ne ha vinte poche, anche lui non fa la differenza. Noi di giocatori di personalità ne avevamo un’infinità: Dzeko, Totti, De Rossi, Strootman, Salah, Alisson. Il rimpianto è aver fatto il record di punti e non aver vinto nulla”.
Su Mourinho: “Penso sia una grande persona, i suoi giocatori mi dicevano che sa conquistarti solo col parlare: dice le cose dirette. A volte ha uscite che possono far male ai giocatori: alcuni li puoi massacrare se dici che non sono all’altezza. Con altri, come me, funziona”.
L’infelice esperienza con l’Inter: “Appena arrivato dissi che ero felice ma che era più forte la delusione di essere andato via da Roma. E già non ero partito bene. Dopo il rigore sbagliato con la Lazio in Coppa Italia mi hanno iniziato a fischiare, mi sono venuti dubbi, è crollata la fiducia. Non calcolo lo scudetto con l’Inter, per me conta solo vincerlo da protagonista. Se avessi avuto fiducia avrei potuto fare tranquillamente il mio in quella squadra”.
Gli audio girati su WhatsApp erano fake? “No, ero io. Dicevo che volevo andar via, che volevo tornare perché non mi sentivo a mio agio. L’avevo mandato a un amico, ma sai Roma com’è, no? In un attimo lo avevano tutti. Dovevo saperlo, non sono stato molto intelligente, ma pazienza”.
Su Conte: “Conte è un grandissimo allenatore, ma con lui non ho avuto possibilità. Non abbiamo mai litigato, però: quando mi volevano mandar via, me lo hanno detto. E chi dice le cose in faccia lo apprezzo di più”.
Sul Cagliari: “Deluso da come è andata con il Cagliari? Sento spesso Joao Pedro, Nandez, Pavoletti, mi dicono “dovevi essere qui”. La società ha fatto altre scelte, ma se mi dici una cosa e non la rispetti, con me hai chiuso”.
L’allenatore che ti ha dato di più? “Spalletti: con lui, ho fatto il miglior anno della mia carriera, a livello di squadra e individuale. Ho visto la serie tv su Totti e ho pensato: l’unico che assomiglia davvero è quello che interpreta me. Gli altri zero, anche l’allenatore. Di vero c’era che a Bergamo, prima della partita, Io Totti e Pjanic avevamo giocato fino a tardi. Ma non a carte, era un giochino sul computer. Però quella scena, con Spalletti che ci aspetta in corridoio è vera. Altre cose invece non le ricordavo”.
Chi aveva ragione tra Spalletti e Totti? “Sono neutrale. Totti non ha mai chiesto di giocare titolare, si sentiva preso in giro perché era il suo ultimo anno e giocava 5 minuti sul 2-0. Mi sentirei preso per il culo anche io. Ma non hanno mai litigato, o chissà cosa. Totti mi diceva che con lui aveva un rapporto splendido, si sentivano. Poi è finita, sì, ma il tecnico deve fare le sue scelte. Di giocatori di personalità ne avevamo un’infinità: Dzeko, Totti, De Rossi, Strootman, Salah, Alisson. Il rimpianto è aver fatto il record di punti e non aver vinto nulla”.