Nadia Nadim, fuggita dai Talebani per diventare star del calcio mondiale
Un velo nero di terrore avvolge l’Afghanistan. In questi giorni, e dopo violenti scontri in tutta la regione, i Talebani stanno prendendo il controllo del paese: la dimostrazione plastica del fallimento della missione militare Nato, a guida statunitense, cominciata nel 2001. A Kabul, le persone prendono d’assalto l’aeroporto, nel tentativo di fuggire. Dalla calca, secondo quelle che sono le ultime notizie, emergono 5 cadaveri. Pangea Onlus, associazione per i diritti delle donne, racconta così queste ore drammatiche: “Nell’ufficio di Kabul stiamo distruggendo tutti i documenti con i dati sensibili di tutte le donne che abbiamo aiutato in questi anni. Non vogliamo che i talebani possano trovare i loro nomi. Rischierebbero la vita!”. Dai media locali, scompaiono le donne, così come la musica: troppa la paura di eventuali ritorsioni.
Nadia Nadim, la storia
È in un contesto simile a quello descritto qui sopra, prima dell’11 settembre e della “Guerra al terrore”, che nasce Nadia Nadim. Per gli appassionati di calcio femminile, il suo nome non suona certo nuovo, parliamo di una delle calciatrici più iconiche al mondo. Nel 2000, quando ha 12 anni, il padre di Nadia, generale dell’esercito afghano, viene ucciso dai talebani. La madre decide di fuggire, insieme a lei e alle sue 4 sorelle. La prima tappa del viaggio, dopo essere riuscite a varcare il confine, è il Pakistan. Da qui, grazie soprattutto alla scaltrezza della madre, riescono ad imbarcarsi per un volo destinazione Italia. Nel nostro paese, si affidano ad un “passeur”, per raggiungere l’Inghilterra, dove si trovano dei familiari. Dopo 50 ore di viaggio, stipate nel retro di un camion, scendono e scoprono di essere in Danimarca, dove vengono trasferite in un campo per rifugiati, a Randers. Qui, comincia la storia calcistica di Nadia Nadim. La giovane ragazzina afghana cerca con lo sguardo, oltre le recinzioni, tracce di normalità, di una vita serena. Il suo sguardo si posa su un rettangolo verde, dove ragazzi e ragazze prendono a calci un pallone: prima è uno shock, poi un colpo di fulmine: “Da quel momento – racconta Nadia Nadim durante un Ted Talk- , ogni volta che andavo a dormire, sognavo di diventare una calciatrice”.
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E il sogno si realizza: a 16 anni viene ingaggiata dall’Aalborg, poi passa al Viborg e successivamente allo Skvbakken. Nel frattempo, compiuti i 18 anni, ottiene la cittadinanza danese e diventa convocabile per la Nazionale con la quale, ad oggi, ha collezionato 99 presenze e segnato 38 reti. Dal 2012 gioca con il Fortuna Hjørring, con cui vince il campionato e partecipa alla Champions League. Nel 2014 il grande salto, il trasferimento nella patria del calcio femminile: gli Stati Uniti, dove gioca per Sky Blue e Portland Thorns. Nel 2018 il ritorno in Europa, per indossare le maglie di Manchester City e Paris Saint-Germain. Oggi, a 33 anni, Nadia Nadim gioca di nuovo negli USA, tra le fila del Racing Louisville con cui, giusto ieri, ha segnato l’ennesimo gol. Nell’intervista post match, in riferimento a quanto accade in Afghanistan ha dichiarato: “È straziante. Dopo 20 anni che stai cercando di uscire da tutta quella merda che stava accadendo, siamo appena tornati al punto in cui tutto è iniziato. È sconvolgente”. Quando appenderà gli scarpini al chiodo, il futuro sembra essere già segnato perché Nadim è prossima ad ottenere una Laurea in Medicina, con specializzazione in chirurgia ricostruttiva.
Quella di Nadia Nadim è la storia di una giovane ragazza, fuggita dall’Afghanistan dei Talebani, che è riuscita ad esaurire i suoi sogni. Una storia, purtroppo, comune a migliaia di persone fuggite dal paese asiatico, stipate per giorni su mezzi di fortuna, con più o meno fortuna. Una storia comune a quella di chi oggi tenta la fuga, aggrappandosi agli aerei in partenza dall’aeroporto di Kabul. Una storia, verso la quale è impossibile girarsi di schiena.