Moratti sulla Juventus e Moggi: “Sono stati disonesti”

Moratti Juve

(Photo by Vincenzo Lombardo/Getty Images)

L’ex presidente dell’Inter, Massimo Moratti, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera, dove ha parlato della sua lunga presidenza nerazzurra, della sua infanzia e della Juventus ai tempi di Calciopoli. Ecco le sue dichiarazioni, estratte dalla testata sopracitata.

(Photo by Vincenzo Lombardo/Getty Images)

Le dichiarazioni di Moratti su Inter, Juventus e … Calciopoli

Sulla Serie A ai tempi di Calciopoli
«La serie A era manipolata; e noi eravamo le vittime. Doveva vincere la Juve; e se proprio non vinceva la Juve toccava al Milan. Una vergogna: perché la più grande forma di disonestà è imbrogliare sui sentimenti della gente».

Alla Juve tolsero due scudetti, e uno lo assegnarono a lei. Lo rivendica?
«Assolutamente sì. So che gli juventini si arrabbiano; e questo mi induce a rivendicarlo con maggiore convinzione. Quello scudetto era il risarcimento minimo per i furti che abbiamo subìto. Ci spetterebbe molto di più».

Peggio il Milan o la Juve?
«La Juve, senza dubbio».

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Ricordi del passato

Qual era il suo calciatore preferito?
«Benito Lorenzi, detto Veleno. Fuori dal campo era dolcissimo: si prendeva cura teneramente dei figli di Valentino Mazzola, Sandro e Ferruccio. Ma in campo diventava tremendo. Provocava il pubblico, prima e dopo aver segnato. Fu Lorenzi a soprannominare Boniperti Marisa, nonostante fossero amici. Boniperti si arrabbiava moltissimo».

Il calciatore più forte che abbia mai visto?
«Ve ne dico due: Angelillo e Ronaldo. Due storie parallele. Come Herrera e Mourinho».

Sul famoso 5 maggio
«I giocatori credettero di aver avuto segnali dai colleghi della Lazio: non si sarebbero impegnati, per non favorire la Roma. Tutte balle. Ne ero convinto già prima del fischio d’inizio, e li avvisai: “Nessuno ci regalerà nulla”. Eppure entrarono in campo con una sicurezza eccessiva. E non sono mai riusciti a prendere in mano la partita. Mi sentivo così responsabile che mi dissi: non lascerò il calcio finché non avrò la rivincita».