Mondiali, quando il potere (oscuro) diventa il nucleo del calcio
Quelli disputati in Qatar sono i mondiali più discussi degli ultimi decenni. Hanno fatto scalpore le denunce delle migliaia di morti per realizzare gli impianti, così come la forte negazione di tanti diritti e libertà fondamentali. Su Hamad bin Khalifa Al Thani e sul Qatar aleggiano tante ombre e poche luci.
L’assegnazione fu assai discussa: France Football nel 2013 lanciò un’inchiesta, dalle quale si evinse che l’assegnazione al piccolo Emirato arabo fu condizionata dalle tangenti destinate al comitato esecutivo della Fifa. Per convincere Platini ad appoggiare la candidatura del Qatar, secondo la procura di Parigi, sarebbe intervenuto addirittura l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy.
A questi mondiali l’Italia di Roberto Mancini non è riuscita a qualificarsi. Un triste epilogo, anche considerando il valore della rosa e la precedente vittoria agli europei.
Giovanni Mari, giornalista del Secolo XIX, ha pubblicato un libro (ma anche un podcast in sei episodi, qui il link) dal titolo “Mondiali senza gloria”. Un libro che torna indietro nel tempo e che si concentra sui due mondiali, consecutivi, vinti dall’Italia nel 1934 e 1938. Un lato oscuro, forte, opprimente, che accomuna quei mondiali a quello del Qatar. Un libro, che l’autore stesso, definisce “non per il calcio ma con il calcio”.
L’intervista a Giovanni Mari, autore del libro “Mondiali senza gloria”
Cosa hanno in comune certi eventi? “Il Totalitarismo, che non si presenta mai nelle stesse forme, ma sempre in modo diverso. A volte prevale lo spirito oppressivo, a volte quello della censura, a volte quella della negazione dei diritti. Spesso però è più politico oppure più economico. E poi, a volte con l’aggravante ed a volte senza. Ma il filo è sempre quello, quando il potere vuole impossessarsi della scena ed imporre il suo pensiero unico, il frutto è sempre avvelenato. Lo può fare la sguaiata forma del fascismo, che è costruita nel sangue e nell’annientamento dell’avversario, lo può fare l’apparente aspetto candido di un Emiro che invece imposta il tutto sul monopolio economico e finanziario così come sulla capacità di relazione con i potenti. Il calcio si arrende nelle mani del potere e dell’impronta economica”.
Paragonando gli eventi ed il periodo storico tra i mondiali nell’epoca fascista e quelli del Qatar, “in Italia c’erano 10.000 esuli costretti a lasciare il paese perché altrimenti sarebbero stati torturati dal regime, l’opposizione politica era stata sterminata dal fascismo per evitare contenziosi in parlamento e nel paese, mentre la nazionale era costretta a vincere a tutti i costi per contribuire alla narrazione del potere di quel Governo”.
Nella storia dei mondiali ci sono state anche altre situazioni quantomeno “strane”, “I mondiali in Argentina del 1978 sono una fotocopia di Italia 34”, prosegue Mari, “un governo autoritario e fascista al potere che pretende ed ottiene i mondiali, nascondendo sotto al tappeto le magagne del proprio Governo, facendo sparire gli oppositori ed una generazione intera di contestatori, incanalando i giocatori in percorsi protetti e costringendo l’Argentina a vincere con quel famoso 6-0 sul Perù. La Fifa non è complice, ma artefice. Tutti i massimi dirigenti hanno sempre affermato che il potere autoritario aiuta ad organizzare un mondiale perfetto”.
Quando è nata l’ispirazione per il libro? “La scintilla che mi ha convinto a studiare questi mondiali è stata la maglia nera, indossata dall’Italia nei mondiali del 1938 contro la Francia. Quando guardi la maglia nera, con un enorme fascio littorio sul petto e pensi che la nostra nazionale è stata costretta ad indossare la camicia nera delle squadracce fasciste con il fascio sul petto e quando scopri che a Marsiglia c’erano gli esuli italiani che fischiavano la squadra perché si vergognavano, e quando scopri che gli undici giocatori in campo ed il loro allenatore (Pozzo) anziché abbassare la mano del saluto fascista lo ripetono, allora capisci che c’è qualcosa che non va. Ho dovuto studiare, ma è stato molto facile: non ho dovuto fare degli scoop. I giornali di tutto il mondo parlavano di quello che accadeva, tranne la stampa italiana. Tante persone non ci credono, ma pensano che quell’Italia era semplicemente la squadra più forte di tutte. Le vittorie furono frutto di intrusioni del fascismo nel mondo del pallone, nel nostro pallone.
Quando parliamo di corruzione, parliamo di un qualcosa impossibile da sradicare. “In questi giorni stiamo vedendo migliaia di banconote (Qatargate, ndr) custodite da politici ed europarlamentari, che dovrebbero fare l’interesse pubblico. D0ve c’è la corruzione, c’è sempre il male. Sta a noi, sempre, pretendere correttezza e legalità ma solo se guardiamo dentro di noi, dentro la nostra coscienza. Dovremmo fare i conti col fascismo, il quale ci ha travolto nel ventennio di Mussolini. Noi tendiamo sempre ad autoassolverci, a rimuovere sempre perché tanto è colpa di qualcun altro. Partire dal calcio, e dare gloria a quei mondiali del 34 e del 38, ragionando su quanto fece il fascismo ci aiuterebbe a pretendere pulizia ed ordine che parte dal modo in cui interpretiamo la politica. Di certo non quello predicato, in quei tempi, dal fascismo”.
Qual è stato l’episodio più emblematico, in negativo, di quei due mondiali che più ti ha colpito? “Francia del 1938, a Marsiglia. Quella partita rende plastica il sequestro che il fascismo fa del calcio italiano. Costringere la nazionale a dover indossare la camicia nera ed a ripetere due volte il saluto fascista davanti ai tifosi rappresenta la platealità di quel sequestro, anche perché erano comportamenti rivolti a tutti i tifosi, non solo a quelli fascisti”
A chi ti ha criticato per il libro cosa rispondi? “Mi stupisce. Qualcuno ha criticato il mio lavoro affermando che io sono anti-italiano. No, io rispondo che sono iper-italiano, perché voglio liberare quel pallone dalla morsa fascista e ridare gloria a quei mondiali. Questo si può fare solo quando abbiamo fatto i conti con noi stessi”.