Mondiale 2022, Infantino: “La FIFA ha dato dignità a 1,5 milioni di lavoratori impegnati in Qatar”
Il numero uno della Federcalcio mondiale, Gianni Infantino, è stato intervistato durante la conferenza globale del Milken Institute di Los Angeles e gli è stato chiesto se la FIFA avrebbe sfruttato i lavoratori immigrati asiatici assunti per costruire gli stadi in Qatar per il prossimo Mondiale in scena tra novembre e dicembre del 2022.
La risposta di Infantino sulle accuse alla FIFA di sfruttamento dei lavoratori
Sulle tante polemiche che si sono create intorno ai lavoratori usati per la realizzazione degli stadi in Qatar, Infantino ha così risposto: “Non dimentichiamo una cosa… stiamo parlando di lavoro, anche un duro lavoro. L’America è un paese fondato sull’immigrazione e anche i miei genitori sono emigrati dall’Italia alla Svizzera. Quando dai lavoro a qualcuno, anche in condizioni difficili, gli dai dignità e orgoglio. Non è carità. Tu non fai beneficenza. Non dai qualcosa a qualcuno e dici: “Resta dove sei. Ti do qualcosa e mi sento bene”. Aver costruito gli stadi dove si disputeranno i Mondiali è anche una questione di orgoglio e di aver potuto cambiare le condizioni di questi 1,5 milioni di persone, questo è qualcosa che rende orgogliosi anche noi”.
Per quanto riguarda le accuse mosse dal The Guardian, secondo cui 6.500 lavoratori sono morti costruendo infrastrutture per ospitare la prima Coppa del Mondo del Medio Oriente, Infantino ha risposto che solo tre persone sono morte nei cantieri degli stadi, e ha aggiunto: “6.000 potrebbero essere morti nella costruzione di altre opere. La FIFA non è la polizia del mondo o responsabile di tutto ciò che accade nel mondo. Ma grazie alla FIFA, grazie al calcio siamo stati in grado di affrontare lo stato di tutti gli 1,5 milioni di lavoratori che lavorano in Qatar».
La Coppa del Mondo ha contribuito a un cambiamento sociale positivo, secondo Infantino così come riportato dal sito Calcio e Finanza. Infatti in Qatar esisteva un sistema moderno di schiavitù prima che si iniziasse a smantellare il sistema di lavoro kafala nel 2018.