Milan, Pioli non è cresciuto: alibi finiti per il tecnico rossonero
La bruttissima sconfitta interna per 0-1 contro l’Udinese ha aperto ufficialmente la crisi del Milan. Quarta partita senza vittoria tra campionato e Champions League e una squadra che sembra involuta nel carattere e nel gioco ormai da tempo. E l’allenatore del Milan Stefano Pioli deve prendersi le sue responsabilità e probabilmente dire addio al club rossonero.
Notte fonda a Milano e luci spente a San Siro. Questo lascia l’amarissima sconfitta subita ieri sera dal Milan contro l’Udinese, nel match valido per l’undicesima giornata di campionato. Una partita giocata malissimo dai rossoneri, che sono incappati nella seconda sconfitta in tre partite (la seconda consecutiva in casa dopo quella contro la Juve), totalizzando in questo lasso di tempo solo 1 punto arrivato dal pari contro il Napoli.
Milan, la crisi non si può più nascondere e neanche le colpe: il club c’è, i giocatori anche. Che Pioli si prenda le sue responsabilità e si dimetta
Un KO grave quello contro la squadra friulana, che prima si sbancare San Siro stava ancora a zero vittorie in campionato e arrivava al match del Meazza dopo aver giocato mercoledì i supplementari di Coppa Italia contro il Cagliari, venendo anche eliminato.
Condizioni favorevoli sulla carta per il Milan, che aveva l’occasione giusta per ripartire dopo un ciclo di partite oggettivamente difficile (Juventus, PSG e Napoli di seguito) contro un avversario nettamente inferiore, stanco e per nulla in fiducia.
Eppure al Milan non è bastato per ritrovarsi, ma ha anzi confermato una crisi che sta vagando come un’ombra da molto più tempo di quanto si possa pensare. Va detto che i rossoneri possono recriminare in parte sugli infortuni, avendo subito una sequela di stop piuttosto numerosi.
Contro l’Udinese ieri mancavano Pulisic, Theo Hernandez, Chukwueze, Kalulu, Kjaer, e il lungodegente Bennacer. Oltre al recupero di pochi giorni per Loftus-Cheek, ma chiaramente con l’inglese non al top e solo subentrato ieri.
Assenze di peso ma che però non possono comunque giustificare una sconfitta in casa contro un Udinese tutt’altro che ostica contornata da una prestazione simile.
Lo sbaglio iniziale parte probabilmente dall’assurdo cambio modulo voluto da Pioli, che ha ridisegnato il Milan con un 4-4-2. Una scelta dettata dalle assenze di cui sopra, ma che è risultata errata e non necessaria.
Un cambio modulo senza senso e non c’è variante al “Palla a Leao”. Una crisi che non nasce ieri. Negli ultimi anni la squadra è cresciuta, il tecnico ha smesso di farlo
La modifica principale è stata ovviamente a centrocampo e in attacco, dove in mediana si è scelto di perdere un uomo per aggiungerne uno in attacco. Così i soli Krunic e Reijnders hanno formato la cerniera di centrocampo (non proprio due giocatori di puro contenimento), spostando Musah come esterno destro (l’americano sarebbe una mezzala), con Leao messo a tutta fascia a sinistra e più lontano dalla porta.
La sorpresa è stata la scelta di affiancare ad Olivier Giroud un’altra punta come Luka Jovic, per aumentare peso e pericolsità offensiva.
Una mossa inutile perché anche con un cambio modulo e anche cambiandogli posizione, il tema principale e unico del gioco del Milan di Pioli è stato affidarsi totalmente e solamente all’inventiva di Leao.
Il 10 portoghese dei rossoneri è stato quello che ci ha messo di più in partita, ma stavolta in un ruolo meno consono è stato più costretto a trasformarsi in distributore ossessivo di cross in area, piuttosto che ficcante ed elettrica ala d’attacco.
Non è servito a sfondare il muro Udinese, che dopo essere passata avanti su rigore di Pereyra ha sostanzialmente smesso di volere la palla ma senz correre rischi, dovendo pensare solo a marcare Leao.
E questo rappresenta forse la più grande involuzione di Stefano Pioli. In quattro anni di panchina al milan il tecnico dei rossoneri non ha saputo crescere e migliorare rispetto allo spartito unico che in estrema e cinica sintesi vede il detto: “Palla a Leao e ci abbracciamo”.
Una cosa legittima e giusta saper e dover sfruttare il proprio campione, uno schema mono-giocatore che nella stagione 2021/2022 è stato determinante per lo Scudetto ma che poi il tempo fa irrimediabilmente ridurre in efficacia.
Perché può capitare che il campione lusitano non si in serata, o semplicemente non abbia quell’onnipotenza calcistica per scartare da solo un’intera squadra avversaria per poi andare in porta.
E quando questo succede il Milan non ha un piano B, soprattutto Pioli non ha un piano B rispetto a quello di puntare esclusivamente sulla giocata di talento e individuale del suo top player.
Inutile prendersela con i giocatori o con la società, che in estate ha fatto sforzi importanti e oggettivamente migliorato la squadra. E qui si potrebbe aprire un altro breve discorso sul mercato estivo del Milan.
Nessuno crede o ha creduto che Reijnders e Loftus-Cheek siano le reincarnazioni di Kroos e Modric. Il primo è arrivato dall’AZ per 20 milioni, il secondo per poco meno e con un trascorso di riserva delle riserve del Chelsea.
Purtroppo il Milan (e qualunque altra squadra italiana) non può andare dal Borussia Dortmund e prendere Jude Bellingham per 100 milioni. Si prendono così giocatori valutati con potenziale importante o giocatori che hanno fatto poco bene in altri top club per poterli poi rilanciarle (vedasi alla voce Christian Pulisic).
Ottimi giocatori che in un campionato non di livello mostruoso come l’attuale Serie A e messi nel giusto contesto possono rendere tanto, anzi parecchio, ma se il contesto non esiste o quasi il problema c’è ed è serio.
Come detto il Milan si è rinforzato e migliorato per qualità e profondità, almeno per lottare per lo Scudetto e non fare figure brutte come ieri sera.
Alla fine se il team ha potenziato le prestazioni della macchina, ma la macchina continua a sbandare forse è colpa del pilota. Che è da almeno 2 anni che guida allo stesso modo e non accenna a cambiare, ed allora forse è meglio per tutti se esca dall’abitacolo.