Milan, Moncada: “Qui in Italia c’è tanta passione per il calcio, sul futuro del club…”

Milan, Moncada: “Qui in Italia c’è tanta passione per il calcio, sul futuro del club…”

Mercato Milan, rivoluzione in difesa: chi parte e chi arriva Getty Images - calcioinpillole.com

Il Dt del Milan, Geoffrey Monaca, si racconta in una lunga intervista al canale telematico del club rossonero: dal Monaco all’approdo al Diavolo.

In una lunga intervista rilasciata al canale telematico del club (Milan TV), Geoffrey Moncada, responsabile dell’Area tecnica del Milan, ripercorre alcuni momenti della sua carriera dal Monaco all’approdo al Diavolo: “Il Milan ha avuto tanti giocatori francesi e le tv andavano sulla tv pubblica, si potevano vedere le partite di Champions League. C’erano le partite tra Paris Saint-Germain e Milan e tra Monaco e Milan. E’ così che ho conosciuto il Milan e San Siro, ho visto i tifosi e questa bella maglia. E ho visto che era una squadra molto forte, tutti parlano bene del Milan“.

Sul Monaco

Ho mandato una mail e aspettato perché era il mio club. Il direttore sportivo mi ha chiamato perché il mister, Claudio Ranieri, aveva bisogno di un match analyst. Sono andato a Montecarlo e ho fatto un meeting, poi è andato tutto molto veloce. Se ci credevo? No no, però quando il momento è giusto sai che devi andare. La squadra era in Serie B, c’era un fondo russo arrivato che ha cambiato tutto. Il mister, Ranieri, aveva una mentalità italiana, voleva fare tante analisi e ha chiesto un match analyst. Sono arrivato in ufficio al Monaco ma non c’era nulla, era tutto da creare. Per me era interessante e difficile, ho avuto subito un rapporto con il mister, lo staff e lo spogliatoio. Questo mi ha aiutato tanto a capire le loro necessità e a imparare il codice dello spogliatoio“.

Sul lavoro di scouting

In settimana ero in ufficio per organizzare e parlare con procuratori e direttore sportivo. Il venerdì sera c’è una partita nel campionato belga e vado lì, il sabato pomeriggio c’è una partita, la sera anche, la domenica anche. Tornavo il lunedì. Quando viaggi puoi conoscere altre persone che lavorano sul territorio: ho conosciuto tanti direttori sportivi, scout, giornalisti che ti lasciano informazioni. Ho visto subito che la cosa importante del vedere i giocatori è il 10%, ma puoi capire tante cose sulla famiglia, il procuratore che ti lascia informazioni… Lavoro video in settimana, ma nel weekend era importante andare“.

Le migliori scoperte

C’era Tiémoué Bakayoko, Thomas Lemar, Benjamin Mendy, Djibril Sidibé, Valére Germain… Tanti francesi che erano qua. Siamo fieri come reparto scouting, perché questi giocatori sono arrivati a giocare in Champions League, vincere un campionato, giocare una semifinale contro la Juventus. Era bello vedere questo gruppo arrivare da tre anni di crescita per vincere il campionato. Giocatori francesi, ma anche stranieri: Fabinho, Bernardo Silva, Youri Tielemans, Sofyan Diop. Giocano ancora in grandi club. Lemar, Martial… Vediamo la crescita dei giocatori, quando imparano di più“.

Milan, Moncada si racconta: dal Monaco al Diavolo

Sulla chiamata del Milan

Era l’estate in cui Elliott è arrivato e ha preso il club. Mi hanno chiamato per fare il capo scout, ho fatto tre meeting e sono arrivato a dicembre, ho lavorato tre mesi con il Monaco pensando al Milan. La scelte per me era già fatta, ho dovuto parlare con loro e spiegare e hanno capito, ma non era facile. Quando il Milan ti chiama e c’era ancora tutto da fare, era tutto molto interessante“.

Sullo scouting in Italia

La maggior parte sono qua in Italia, è importante avere un po’ di scout stranieri che ti danno un’altra visione e non possiamo viaggiare dappertutto, non abbiamo sempre tempo. Oggi come direttore tecnico facciamo più meeting e abbiamo tutti i report sul database. Quando abbiamo fatto tutto il lavoro video e scouting live, io parlo direttamente con Pioli e lo staff, diciamo: “Questo terzino destro, sinistro, centrale è interessante, cosa pensi…”. C’è subito rapporto e abbiamo fatto così in estate. Abbiamo lavorato su un profilo di giocatori, devono essere fisicamente forti, veloci, potenti. Era il tipo di giocatori che vogliamo fare. Poi dipende dal mercato, da come possiamo sviluppare la squadra, dalle soluzioni, dal budget, da tante cose. Però è importante lavorare con lo staff e il mister, facciamo la stessa cosa e vogliamo avere la stessa squadra“.

Su Leao

Ai tempi ero scout del Monaco e avevo preparato un planning sul Portogallo. A Lisbona c’era la partita del campionato Primavera dello Sporting. Ai tempi non c’erano video e dati sui giocatori, dovevamo andare sul campo a vedere giocatori così. Ho visto un ragazzo con la numero 10, alto, veloce e tecnico. Il famoso Rafael Leao. Era una partita contro il Belenenses e ho visto subito un giocatore con un talento incredibile. Poi l’abbiamo seguito in campionato e nazionale ma non ha fatto sempre bene. Era difficile da seguire bene. La cosa più importante per me alla fine dell’academy è quando vanno a giocare in Youth League: quando un giocatore fa bene lì, subito possiamo dire che farà carriera. Leao ha fatto troppo bene in Youth League, era su un altro pianeta. Tutto il mondo scouting l’ha visto e ha detto: “Sarà un giocatore forte”. E adesso gioca bene, sono contento perché è un ragazzo che è cresciuto“.

Sul futuro del club

L’idea è di creare un gruppo di giocatori forti che lavorano su tre-quattro anni. Abbiamo bisogno dell’academy che porta giocatori giovani e italiani per aiutare la squadra, è molto importante. Un progetto si fa su due-tre-quattro anni, se facciamo una bella squadra, un bel gruppo, in due-tre anni vinciamo le cose. Adesso abbiamo cambiato tanto, magari il prossimo anno cambieremo due-tre giocatori, ma almeno avremo già la base della squadra che è importante. Vogliamo tutti vincere subito, ma ci vuole un piano per fare le cose bene e portare giocatori, un gruppo forte ogni anno“.