Olivier Giroud, attaccante francese del Milan, ha rilasciato una lunga intervista all’Equipe nella quale ha in particolar modo sottolineato l’importanza di Paolo Maldini per il club rossonero. Di seguito le sue parole.
Sul rapporto con l’Italia: “Avevo 20 anni, mi ero fatto crescere i capelli lunghi, volevo essere come Cannavaro o Nesta. Mio fratello mi regalò la maglia azzurra, quella aderente della Kappa con quel meraviglioso azzurro. Inoltre, dato che la Francia non c’era, ho sostenuto l’Italia ai Mondiali del 1994 e ho pianto quando Roberto Baggio ha sbagliato il rigore in finale. Tuttavia, nella finale del 2006, ero al 100% per Les Bleus!”
Sul sogno: “Il mio sogno era di giocare in Inghilterra. Ma in Italia, era Milano! Shevchenko era il mio attaccante preferito“.
La Serie A era già nel suo futuro: “Era abbastanza inevitabile vista la mia storia. Ero vicino a firmare per l’Inter… ma Dio ha fatto bene: ho dovuto aspettare un po’, essere paziente e nel frattempo ho vinto la Champions League (con il Chelsea nel 2021). Conoscevo la Premier League, anche se è il campionato più difficile, da 15 anni. Quando ho parlato con il mio agente, non mi vedevo in Spagna o in Germania e un ritorno in Francia non era la mia priorità. Quindi Milano è stata la ciliegina sulla torta“.
Sull’arrivo in Italia: “Ho sempre detto che il mio sogno era quello di giocare in Inghilterra. Ma in Italia, era Milano! Shevchenko era il mio attaccante preferito. Ho anche guardato molti video di Marco van Basten. Ho un ricordo molto chiaro della finale di Champions contro il Liverpool. Ero molto triste nel 2005, stavano conducendo 3-0, sono stati battuti e Sheva ha sbagliato il rigore decisivo. Nel 2007 l’hanno vinta e sono tornati ancora più forti, sono un grande club. Questa squadra di Milano aveva una classe italiana, sempre ben curata, bella nei suoi completi rossi e neri, ma anche molto professionale, rigorosa. Penso a Maldini, Costacurta e molti altri giocatori eccezionali“.
Su Maldini: “Mi ha fatto male vedere il club in questa situazione con la Juventus molto avanti. A mio modesto parere, quando il Milan non era competitivo, c’era una persona che mancava al club, e quella persona si è rivelata essere Paolo Maldini. È un manager ultra-presente, è lì ogni giorno agli allenamenti, questo significa che l’allenatore sta facendo il suo lavoro, ma anche la direzione è lì a guardare. Questa è un’istituzione, nulla è lasciato al caso. Infatti, un giocatore non può dire che non gioca perché non piace all’allenatore. Se è bravo in allenamento e competitivo, l’allenatore lo vede. E per me questa è una grande cosa, perché mi alleno come gioco, al 100%“.
Sullo studio della lingua: “Dal primo giorno ho parlato italiano. Il Mister vuole che ci parliamo in italiano nelle partite in modo che tutti si capiscano“.
Continua sull’allenatore rossonero: “Stefano Pioli mi ricorda la grinta che René Girard voleva inculcarci a Montpellier“.
Sul rapporto con la religione: “Ci sono anche molti credenti in Inghilterra, ma qui vedo molti giocatori che pregano prima delle partite ed è qualcosa che apprezzo. A Pasqua abbiamo fatto un barbecue con le nostre famiglie, rispettiamo le tradizioni religiose. E poi, beh, il derby della Madonnina, solo quello lo riassume“.
Sul derby di ritorno: “Non avrei potuto sognare niente di meglio, lo scenario della partita, il mio primo derby, ho segnato davanti alla Curva Sud, mi ha permesso di entrare rapidamente nel cuore dei milanesi“.
Sulla Champions: “Ero al 70%, quando si sa cosa rappresenta questa competizione per questo club…“.
E ora testa alla prossima edizione: “Abbiamo un conto in sospeso, abbiamo perso le nostre partite per un solo gol (quattro volte), non vedo l’ora di tornarci l’anno prossimo“.
Sui ritmi al Milan: “Sono stato piacevolmente sorpreso dall’intensità delle sessioni di allenamento. Mi piace correre, ma a volte finisco per esaurirmi. La Serie A sta tornando ad essere competitiva, non c’è più una sola squadra come quando vinceva la Juve“.
Su Stefano Pioli: “Non lo conoscevo molto bene, ma dalla nostra prima telefonata ho capito che avrebbe funzionato. Fa lavorare bene la sua squadra tatticamente. È anche un manager che sa come ottenere il meglio dai suoi giocatori. Il modo in cui ci parla non potrebbe essere più chiaro. Quando si esprime, viene dal cuore, dal profondo di se stesso. Tutto quello che dice, lo dice con sincerità. Mi ricorda la grinta che René Girard voleva inculcarci a Montpellier. Mi sono sempre piaciuti gli allenatori che sono emotivi, non era il caso di Wenger che aveva innumerevoli altre qualità“.
Sulla lotta scudetto: “C’era molto lavoro da fare! Non ho preteso di giocare per il titolo e l’obiettivo era quello di qualificarsi di nuovo per la Champions League. Ma siamo il Milan, e con i risultati positivi che stiamo ottenendo, l’obiettivo è diventato lo scudetto nella mia testa“.